Il piattone spiazzante di Gianni Rivera all'Azteca, insieme con l'urlo di Marco Tardelli al Bernabeu, è un'immagine fissa nel tempo, uno dei momenti più emozionanti per il calcio italiano ma anche dell' avventura agonistica di uno dei più grandi n.10 di tutti i tempi, che il 18 agosto raggiungerà il traguardo degli 80 anni.
Ne sono passati 53 da quell' Italia-Germania 4-3, 44 dall'ultima partita ufficiale del Golden Boy, il 13 maggio 1979, e 37 dall'addio al suo Milan, ma non tramonta il mito di un campione senza età.
Campione dai tanti record, fuoriclasse per qualità di gioco e stile, il capitano del Milan per due decenni è stato il fulcro del calcio italiano, in una carriera che tra trionfi e delusioni, passioni e dissidi resterà nella storia, punteggiandola di momenti indimenticabili. Come appunto la 'partita del secolo' che lo vide protagonista prima in negativo - Albertosi se lo mangiò per il mancato intervento sul 3-3 segnato da Mueller - e poi trionfante tra le braccia di Gigi Riva. Tanta storia sportiva aveva già scritto allora, Rivera, e tanta ancora da scrivere. Ora eventi, compagni e rivali sono da lui ricordati con sottile piacere ma anche con sempre maggior distacco, facendo un'eccezione per Pelè, "il più grande di sempre", come lo ha definito nel commosso omaggio in occasione della recente scomparsa dell'asso brasiliano.
Gli incroci con la Perla Nera hanno coinciso con due dei momenti meno felici per Rivera, la sconfitta subita dal Milan nella coppa Intercontinentale 1963 col Santos e la finale di Messico '70, la partita dei famosi 6' in campo. E se in maglia rossonera il Golden Boy ebbe modo di rifarsi ampiamente, con quella azzurra nonostante le 60 presenze e i 14 gol si fermò al titolo Europeo 1968, lasciandola dopo l'umiliazione di Germania '74.
I crudi dati basterebbero a scolpire un monumento sportivo: esordio in serie A a 16 anni, primo scudetto a 19, il terzo e ultimo a 35, due Coppe dei campioni, due Coppe delle coppe, una coppa Intercontinentale e l'Europeo '68. Ma non è stato solo questo a fargli vincere il Pallone d'oro, primo italiano (lo aveva preceduto solo Sivori), nel 1969, o inserire nella top 20 dei migliori giocatori del 20/o secolo, come nemmeno essere la 'bandiera' del Milan, con cui collezionò 658 presenze e 164 gol.