ROMA - Da anni i Governi italiani hanno sospeso l’attività negoziale per stipulare o rinnovare le convenzioni di sicurezza sociale, nonostante la mobilità internazionale sia decisamente aumentata. Per questo Fabio Porta, deputato Pd eletto in Sud America, ha depositato una risoluzione – sottoscritta dai colleghi di partito Scotto, Amendola, Boldrini, Quartapelle Procopio, Di Sanzo, Ricciardi e Carè – che sarà discussa di fronte alle Commissioni Esteri e Lavoro della Camera.
Con la risoluzione, si vuole impegnare il Governo a “monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere”, a “verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale” e, infine, a “verificare, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale”.
Il testo della risoluzione.
“La III e XI Commissione,
premesso che:
la presente risoluzione si prefigge l'obiettivo di esortare e impegnare il Governo a riprendere l'attività negoziale, sospesa da anni, per il rinnovo e la stipula delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale a fronte di una sensibile ripresa della mobilità internazionale delle persone sia in entrata (da Paesi terzi) che in uscita (verso Paesi terzi);
il quadro migratorio è infatti negli ultimi anni nuovamente cambiato dopo un periodo di apparente stasi e si sta manifestando in rapida evoluzione con la cosiddetta «fuga» di giovani alla ricerca all'estero di una nuova vita e con l'arrivo di decine di migliaia di immigrati che invece cercano in Italia il loro futuro; lo stesso Presidente dell'Inps Pasquale Tridico ha sottolineato più volte e per ultimo ad un recente Convegno della Migrantes sui fenomeni migratori come sia necessario e doveroso procedere con la stipula di nuove convenzioni bilaterali con i paesi extra UE così da dare certezze ai lavoratori i quali solo in presenza di convenzioni possono totalizzare i periodi contributivi, esportare le prestazioni, ottenere la parità di trattamento;
sono quasi 800.000 le pensioni in convenzione internazionale erogate dall'Inps a nostri cittadini residenti all'estero e ad emigrati rientrati in Italia, e sono centinaia di migliaia i cittadini italiani residenti all'estero e in Italia i quali potrebbero maturare, nei prossimi anni, il diritto a una pensione italiana in pro-rata attraverso l'applicazione di una convenzione bilaterale o multilaterale di sicurezza sociale;
per tutelare i diritti previdenziali dei nostri lavoratori emigrati nel corso degli anni l'Italia ha stipulato numerose convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i paesi di maggiore emigrazione; tali convenzioni hanno garantito finora in materia di sicurezza sociale la parità di trattamento dei lavoratori che si spostavano da un Paese all'altro, l'esportabilità delle prestazioni previdenziali e soprattutto la totalizzazione dei contributi ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi minimi previsti dalle varie legislazioni per la maturazione di un diritto a prestazione;
tali convenzioni sono state stipulate, tranne alcune eccezioni, negli anni settanta e ottanta, come ad esempio quella con l'Argentina che risale al 1984, quella con il Brasile al 1977, con l'Uruguay al 1985, con il Venezuela al 1991, con gli USA al 1978, con la ex Jugoslavia addirittura al 1961 – le più recenti, per modo di dire, sono quelle con la Croazia del 1999 ed il rinnovo con l'Australia del 2000 e con il Canada del 2015; sono evidentemente convenzioni obsolete nello spirito, nei contenuti e nella forma che non possono più tutelare adeguatamente diritti e interessi o doveri dei futuri pensionati perché non sono state adeguate alle evoluzioni e agli aggiornamenti, talvolta radicali, delle legislazioni e dei sistemi previdenziali dei Paesi contraenti;
inoltre nessuna delle convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia contempla, e quindi disciplina, nel suo campo di applicazione oggettivo il nuovo sistema contributivo introdotto in Italia a partire dal gennaio 2012 con il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2011, 214; infatti in tutte le convenzioni, e nei relativi regolamenti applicativi, il calcolo della pensione teorica e del relativo pro-rata sono regolamentati esplicitamente con il metodo retributivo;
nessuna delle convenzioni bilaterali contempla nel proprio campo di applicazione soggettivo i dipendenti pubblici italiani e i liberi professionisti i quali quando emigrano nei Paesi extracomunitari sono esclusi da ogni forma di tutela previdenziale (una intollerabile disparità di trattamento con i dipendenti privati – che è stata invece da tempo colmata dai regolamenti comunitari di sicurezza sociale);
sono più di quindici anni che lo Stato italiano ha sospeso i negoziati con i Paesi di emigrazione italiana per la stipula e il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale; paradossale è l'esistenza di convenzioni già firmate dall'Italia e approvate dai Parlamenti degli altri Paesi contraenti – come quelle con il Cile (prima stipula) – ma mai ratificate dal nostro Parlamento; sono decine di migliaia i cittadini italiani residenti in Paesi dell'America Latina non ancora convenzionati con l'Italia – come Cile, Perù, Ecuador, Colombia e Messico – ai quali viene negato il diritto a pensione in regime internazionale nonostante la titolarità di una posizione assicurativa in Italia;
sono numerose le convenzioni i cui negoziati sono iniziati da tempo (come quelle con le Filippine, il Marocco, l'Egitto, il Senegal) e finora non hanno avuto alcun seguito;
in questo contesto non trova spiegazione l'eliminazione dell'Unità di consulenza per la sicurezza sociale del Ministero degli affari esteri, strumento di ricerca, consulenza e progettazione per l'avvio dei negoziati bilaterali, e il ridimensionamento da servizio ad area del settore convenzioni internazionali dell'Inps intorno ai quali ruotava l'intera attività dello Stato italiano al fine di promuovere e tutelare il sistema di protezione socio-previdenziale della nostra emigrazione;
è bene essere consapevoli che le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non devono tutelare solo la vecchia emigrazione: sono oramai emerse, infatti, moderne figure di nuovi migranti italiani, come i liberi professionisti, i ricercatori, i piccoli imprenditori, gli artigiani, gli insegnanti, gli studenti, i lavoratori al seguito delle imprese, i tanti giovani che si recano a lavorare all'estero, anche per lunghi periodi, dove versano i contributi e pagano le tasse, e i quali rischiano poi, a causa dell'inesistenza di convenzioni o delle convenzioni oramai obsolete, di non essere adeguatamente tutelati negli ambiti previdenziale, fiscale e sanitario;
nella strategia di internazionalizzazione del Paese, a causa del drastico ridimensionamento delle cosiddette politiche migratorie che da alcuni anni si è determinato, rischiano di offuscarsi le potenzialità legate alla presenza degli italiani nel mondo e tende a restringersi la rete di relazioni che essa ha assicurato nel tempo, con grave danno del Paese soprattutto in questo passaggio di gravi difficoltà economiche, sociali e sanitarie;
oltre a limitare le prospettive di internazionalizzazione dell'Italia, la sensibile riduzione dell'intervento pubblico e il totale abbandono della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali di una parte non marginale delle nostre comunità, costituita da anziani che spesso vivono in realtà dove i sistemi di protezione sociale non assicurano livelli di tutela adeguati e dai nuovi soggetti migranti i quali sono protagonisti di una mobilità internazionale fonte di carriere lavorative ed assicurative frammentate che necessitano di nuovi e più adeguati strumenti di tutela previdenziale, fiscale e sanitaria;
è quindi di primario interesse nazionale fare in modo che non si indeboliscano i rapporti con la diffusa e articolata presenza degli italiani nel mondo e che vengano a mancare in un momento di seria difficoltà gli apporti derivanti dalla nostra diffusa diaspora; nello stesso tempo, è ineludibile dovere etico riconoscere alla nostra emigrazione il contributo storico dato in momenti difficili al Paese e non ignorare i compiti di tutela e di solidarietà verso coloro che sono in seria difficoltà, a partire dalla tutela previdenziale e sanitaria, in un periodo caratterizzato da diffuse crisi economiche e dalle conseguenze della pandemia da Covid che ha colpito tantissimi Paesi,
impegnano il Governo
alla luce di una sensibile ripresa del fenomeno migratorio sia in entrata che in uscita dall'Italia, della oramai ventennale sospensione dell'attività negoziale per il rinnovo e la stipula di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale da parte dell'Italia, delle importanti e sostanziali modifiche intervenute in questi ultimi anni nel nostro sistema previdenziale a monitorare lo stato delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale in essere e verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e a verificare inoltre, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale – completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali – e soprattutto ad aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale delle nostre collettività residenti all'estero”