di BRUNO TUCCI
Finalmente ci si è resi conto che con il web o i social non si poteva andare avanti senza prendere provvedimenti o divieti che potessero cambiare una situazione divenuta insostenibile e spesso pericolosa.
Abbiamo dovuto attendere fatti di cronaca drammatici. Così solo allora il premier è intervenuto ed ha istituito un gruppo di lavoro con tutti i ministeri competenti per stilare un piano d’azione operativo e concreto.
Per anni si sono chiusi gli occhi senza comprendere che il dilagare di questo fenomeno avrebbe potuto provocare danni irreversibili. Prendiamo come primo esempio l’informazione: per diventare giornalisti professionisti oltre ad un tirocinio che dura diciotto mesi bisogna superare un esame scritto e orale che ti dà poi la possibilità di iscriverti all’Ordine.
Il giorno che i social sono potuti intervenire senza alcuna regola è successo che tutti avrebbero potuto scrivere a piacimento quel che più ritenevano opportuno. Chiariamo subito che non si vuole tappare la bocca a chicchessia violando l’articolo 21 della nostra costituzione che dà la possibilità a tutti di esprimere il proprio parere per iscritto o a parole.
Si dà il caso però che molti datori di lavoro (si possono definire così?) abbiano approfittato di questo nuovo corso per offrire un posto a giovani (non sottopagati, ma di più) senza nessuna esperienza e capacità culturali.
E’ chiaro che stando così le cose l’informazione abbia subito una ferita che solo a volte si è avuta la possibilità di sanare. Spesso si danno notizie che non hanno nessun fondamento e magari non sono state verificate come è obbligo principale di qualsiasi giornalista.
Con il web la situazione è ancora peggiorata, se possibile, perché non si è pensato di mettere un freno e di regolamentare in qualche modo l’urto che questo stato di cose avrebbe potuto provocare.
Perciò anche i giovanissimi hanno potuto avvalersi del sistema senza il minimo freno.
Ecco, dunque, la pornografia dilagare anche fra i minorenni. Il loro stimolo di emulazione è grande ed è anche comprensibile. Anche la mia generazione aveva la stessa sete e la stessa curiosità. Soltanto che noi, fino a dodici o tredici anni, credevamo ancora alla Befana o ai bambini portati dalla cicogna o trovati sotto un cavolo.
E’ vero. i tempi sono cambiati e sarebbe assurdo azzardare un paragone. Ma la differenza è talmente grande che lascia affiorare dubbi e perplessità.
Allora, dopo i tanti danni, Palazzo Chigi ha affrontato il problema che non era più rinviabile. Sostiene Giorgia Meloni: “Bisogna aiutare i nostri ragazzi a comprendere il duplice volto del web, strumento che non va condannato a priori, ma che deve essere un luogo sicuro per proteggerli dall’insidiosa trappola del cyberbullismo e della pedopornografia on line”.
Sottolineiamo le parole del presidente del Consiglio, ma speriamo che dopo le parole seguano I fatti. La tv non deve mandare in onda programmi che possano turbare anche le coscienze dei più giovani (ne ricordiamo uno che non è bene nemmeno citarne il nome), il trash va spazzato via specialmente nelle emittenti “free”.
Molti legano questo fenomeno a quello delle baby gang. Le cifre sono impressionanti. Casi del genere durante il Covid sono stati 741 e nel 2022 in soli sei mesi. Il numero è salito vertiginosamente per arrivare a 1900. Non c’è tempo da perdere dunque. Già nei giorni scorsi quattrocento uomini della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza hanno ispezionato le abitazioni di Caivano con buoni risultati, ma la sinistra ha subito commentato: “E’ la solita passerella”. Dinanzi a simili fenomeni vogliamo finalmente unire le forze politiche per ottenere quei risultati che la gente vorrebbe subito?