di BRUNO TUCCI
E’ sempre più difficile fare la spesa, i soldi non bastano mai. Allora che cosa si fa? Si compra di meno, si rinuncia anche a quei cibi di cui, magari, qualcuno è ghiotto.
Nei Palazzi che contano si parla di tutto tranne che dei veri problemi che assillano davvero la gente comune, come quello della spesa quotidiana o settimanale. Non solo per coloro che per arrivare alla fine del mese fanno i salti mortali, ma anche per quanto riguarda il ceto medio che fino a qualche tempo poteva permettersi una pizza o pure una sera al cinema o a teatro. Non è una opinione, è la realtà. Basta vedere le cifre ufficiali che dicono senza ombra di dubbio, che i consumi sono scesi in un anno di 3,7 miliardi.
Che cosa vuol significare questo, se non che i bilanci familiari soffrono più del previsto per la spesa? Insomma, si stringe sempre di più la cinghia per far quadrare i conti. Tutto ciò avviene senza che la politica lasci stare gli altri problemi e si occupi davvero di quel che urge.
Pensate che l’operaio o l’impiegato si straccino le vesti quando leggono che Matteo Salvini e Giorgia Meloni litigano per strappare qualche voto in più per le elezioni europee? Ritenete che Elly Schlein sia al centro dei pensieri dell’uomo qualunque (o della donna) se dice che Giorgia fa solo “demagogia fallimentare”, chiacchiere e interesse soltanto alle consultazioni della prossima primavera?
La risposta a questi interrogativi è fin troppo facile, però la “moda del chi se ne importa” va avanti senza incontrare ostacoli. E’ vero: la colpa è dell’inflazione se è tutto più caro. O probabilmente anche la guerra in Ucraina ha facilitato un simile stato di cose. Va bene, ma perché non correre ai ripari e andare alla ricerca di soluzioni che possano rendere meno dura la vita di ogni giorno?
Ad esempio, calmierare alcuni beni primari, come il pane, la pasta, il latte. O intervenire sul caro benzina per colpa delle accise che aumentano invece che diminuire. Si dirà: la macchina è un bene di cui si può fare a meno. Non è vero, perché sono tanti coloro i quali senza un’auto non possono svolgere il loro lavoro.
Dobbiamo aggiungere per carità di patria che pure l’informazione se ne infischia di questi guai. Pensa solo a far titoli sui partiti che litigano, sulla destra che combatte con la sinistra, sui distinguo che ci sono anche fra gli alleati, sui 5Stelle che non si metteranno mai d’accordo con il partito democratico.
Il resto? E’ silenzio o quasi. L’importante è sottolineare se la Rai è stata appaltata dalla maggioranza, se ai posti che contano vanno gli uni invece che gli altri. Insomma, si fa a gara per cercare il pelo nell’uovo e materializzare una polemica di cui si potrebbe volentieri fare a meno.
“Perché non vanno loro a far la spesa tutte le mattine?”, dice ironicamente la donna di casa. In parole semplici, c’è sempre più distacco fra il Parlamento e la gente. La dimostrazione è nel numero delle persone che dovrebbero andare alle urne per esprimere la loro preferenza. I dati sono evidenti e li conoscono tutti. C’è un cinquanta per cento (più o meno) che non va al seggio, “tanto”, sostiene, “noi indichiamo le persone che vorremmo portare in Parlamento e loro fanno gli inciuci o gli intrighi che vogliono per non perdere la poltrona”.
Fin quando durerà la distanza che esiste fra il potere e il popolo? “Presto i problemi saranno risolti”, ritengono i più ottimisti. “I partiti comprenderanno che si deve fare un fronte comune per raggiungere quei risultati che non si possono più rimandare”.
I pessimisti, al contrario, nemmeno rispondono a queste promesse perché sanno come andrà a finire. Ricordate il Gattopardo? Si deve far tutto per non fare nulla. Amen.