Automobili sovraccariche di valigie e ricordi, con dentro stipate intere famiglie di armeni, volti stanchi e impauriti.
E' il fiume di profughi diretti in Armenia, in fuga dal Nagorno Karabakh, l'enclave separatista a maggioranza armena sconfitta la settimana scorsa da un'offensiva lampo dell'Azerbaigian.
Oltre 28mila sono riusciti a passare il confine, in un esodo forzato e "massiccio" che - a detta della Francia - si sta svolgendo "sotto l'occhio complice della Russia", che ha dispiegato dal 2020 una forza di mantenimento della pace nella regione secessionista. E i numeri continuano a salire di ora in ora. Bruxelles, che segue da vicino la crisi nel Caucaso meridionale, ha annunciato che alla riunione odierna fra i consiglieri diplomatici di Parigi, Berlino, Erevan e Baku, insieme all'inviato Ue per il Caucaso Meridionale, Toivo Klaar, "c'è stato un intenso scambio di opinioni sull'importanza di un possibile incontro" tra i due leader - armeno e azero - al Terzo Vertice della Comunità Politica europea previsto per il 5 ottobre a Granada. "Sono necessarie azioni concrete e soluzioni di compromesso decisive su tutti i fronti del processo di normalizzazione", ha spiegato una portavoce del Consiglio Ue, precisando che l'incontro in Spagna dovrebbe servire sia all'Armenia sia all'Azerbaijan per ribadire il loro impegno sull'integrità e la sovranità dei loro Paesi. Intenso il lavoro diplomatico anche degli Stati Uniti. Alti funzionari statunitensi, inviati da Joe Biden dopo lo scoppio delle violenze, sono arrivati in Armenia con l'obiettivo di affermare il sostegno degli Usa alla sovranità, all'indipendenza, all'integrità territoriale e alla democrazia dell'Armenia e per aiutare ad affrontare le esigenze umanitarie. Mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha parlato con il presidente azero chiedendogli di proteggere i civili. La crisi nel Caucaso meridionale viene seguita anche dai due grandi attori regionali, la Russia e l'Iran, i cui presidenti, Vladimir Putin e Ebrahim Raisi, hanno avuto oggi "un dettagliato scambio di vedute sulla situazione".
In allarme il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) che ha parlato di "tragedia assoluta" e crisi umanitaria nell'enclave dopo l'esplosione di un deposito di carburante che ha provocato almeno 68 morti e centinaia di feriti, ricordando che gli ospedali della regione erano già al limite prima dell'afflusso di pazienti causato dalla deflagrazione. Una fonte azera intanto ha rivelato alla France Presse che Baku sta cercando possibili autori di "crimini di guerra" tra le migliaia di rifugiati armeni in fuga dall'enclave separatista. "L'Azerbaigian intende concedere l'amnistia ai combattenti armeni che hanno deposto le armi in Karabakh. Ma coloro che hanno commesso crimini di guerra durante le guerre del Karabakh devono essere consegnati a noi", ha precisato la stessa fonte, spiegando che uomini in età da combattimento sono stati ripresi da una telecamera all'ultimo checkpoint prima di lasciare l'enclave.