Il Nobel per la Medicina 2023 è stato assegnato Katalin Karikó e Drew Weissman per avere gettato le basi per i vaccini a mRna messaggero che hanno reso possibili i vaccini anti Covid-19
La scoperta, rileva la Fondazione Nobel, ha modificato radicalmente la comprensione di come la molecola di Rna messaggero interagisce con il sistema immunitario.
Grazie a questo grande passo in avanti, i due vincitori hanno contribuito a sviluppare, “con una rapidità senza precedenti, un vaccino diretto contro una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni”.
L’ungherese Katalin Karikó, 68 anni, è la 13/a donna a ricevere il Nobel per la Medicina, il più importante dei numerosi riconoscimenti scientifici che ha finora ricevuto insieme al collega americano Drew Weissman.
Insieme, nel 2021, si erano aggiudicati per esempio uno dei premi Breakthrough, noti come gli Oscar della scienza, per la stessa motivazione che oggi è stata annunciata dalla Fondazione Nobel.
Nata nel 1955 in Ungheria, a Szolnok, ha completato gli studi di dottorato nell’Università di Szeged e nella stessa città ha proseguito gli studi fino al 1985, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, presso la Temple University di Philadelphia e poi nella University oh Health Science a Bethesda. Nel 1989 aveva lavorato all’Università della Pennsylvania, dove è rimasta fino al 2013. Quindi il passaggio al privato, come vicepresidente dell’azienda BioNTech Rna Pharmaceuticals. Dal 2021 ha una cattedra nell’Università di Szeged, dove aveva studiato, e una presso la Perelman School of Medicine dell’ Università dellaPennsylvania.
Weissman, 64 anni, è nato nel 1959 negli Stati Uniti, a Lexington (Massachusetts). Dopo il dottorato all’Università di Boston, nel 1987, ha lavorato nel Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School e poi nei National Institutes of Health. Dal 1997 Weissman lavora Perelman School of Medicine nell’Università della Pennsylvania.
Per ricevere il Nobel bisogna pazientare per più di 20 anni
Negli ultimi 60 anni l’attesa tra la scoperta ed il riconoscimento del Premio Nobel è raddoppiata. La metà dei vincitori deve ormai pazientare per più di 20 anni. I più sfortunati sono coloro che ricevono il premio per la Chimica. Qui, il tempi di attesa medio che è arrivato a 30 anni. Per la Medicina la media è di “soli” 26 anni. Lo indica un’analisi condotta dalla rivista Nature e pubblicata sul loro sito.
Secondo gli autori, se il divario continuerà ad aumentare, molti ricercatori potrebbero perdere il meritato riconoscimento del loro lavoro a causa della regola che vieta i premi postumi. Nel testamento di Alfred Nobel si stabiliva che i premi dovessero essere assegnati a coloro che, nell’anno precedente, avevano prodotto il massimo beneficio per l’umanità.
In realtà questo è successo solo pochissime volte. Ma nella prima metà del ventesimo secolo, era normale che i vincitori del Premio Nobel avessero circa 30 anni. Cosa che al giorno d’oggi è praticamente impossibile. Secondo Yian Yin, ricercatore presso l’americana Cornell University di Ithaca, le ragioni di questo fenomeno potrebbero essere diverse. Innanzitutto, il numero complessivo di scoperte potrebbe aumentare ogni anno, quindi i premi non riuscirebbero a tenere il passo con il numero di persone che meritano di essere riconosciute. Inoltre, l’importanza di alcuni studi diventa evidente solo molto tempo dopo.
In calo le ricerche davvero “dirompenti”?
Oppure, il divario crescente potrebbe essere il segno di un calo delle ricerche davvero “dirompenti”. Ossia quelle ricerche che cambiano i paradigmi del loro campo. Ciò potrebbe indurre i comitati del Nobel a concentrarsi maggiormente sul passato. Questo aspetto trova una qualche conferma nel fatto che alcune scoperte sono state riconosciute molto velocemente anche in tempi recenti. Ad esempio, lo sviluppo del sistema Crispr-Cas9, le forbici molecolari del Dna, è valso il Nobel per la Chimica 2020. A vincerlo è stata Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier appena 8 anni dopo la sua pubblicazione.