di FABIO PORTA
A un anno dall’inaugurazione della nuova sede consolare, la protesta delle associazioni, dei patronati e di migliaia di singoli cittadini italiani mostra con disarmante evidenza che quanto denunciavo con i miei interventi e atti parlamentari era drammaticamente vero: ossia che l’operazione relativa ai lavori per la nuova sede non era soltanto poco chiara e trasparente ma si sarebbe rivelata un bluff e non avrebbe risolto gli annosi problemi della carenza di servizi della grande collettività italiana che vive in Uruguay. Tutto ciò in un contesto contraddistinto da episodi gravissimi che hanno ripetutamente coinvolti negli ultimi anni l’ambasciata e il Comites: la morte del connazionale Luca Ventre all’interno dell’ambasciata, la censura operata ai danni di “Gente d’Italia”, i presunti brogli alle elezioni italiane e il famoso video del Presidente del Comites con in mano la scheda elettorale appartenente ad una terza persona… Manca soltanto l’invasione delle cavallette per rendere perfetta una tempesta che, fuor di metafora, rende insopportabile la situazione affrontata quotidianamente da una delle più grandi collettività italiane all’estero. Eppure stiamo parlando di un Paese geograficamente piccolo (più grande in Sudamerica solo di Suriname e Trinidad e Tobago) e con una grande concentrazione nella capitale dei nostri connazionali; si tratta di condizioni che dovrebbero favorire l’organizzazione di servizi alla portata di tutti, magari coinvolgendo i patronati (già molto attivi) e il Comites (al contrario latitante). Con una mia interrogazione al governo chiederò risorse umane adeguate a questa vera e propria emergenza e anche informazioni sull’arrivo a Montevideo del personale contrattato recentemente presso il MAECI, nella speranza che la situazione possa migliorare nel rispetto di una comunità italiana che merita attenzione e servizi efficienti.