Gente d'Italia

Elezioni in Argentina, dibattito presidenziale ad alta tensione

Javier Milei

Accuse incrociate e aspri duelli verbali tra tutti e cinque i condendenti hanno caratterizzato il secondo dibattito tra i cinque candidati alla presidenza dell'Argentina in vista delle elezioni del 22 ottobre, centrato questa volta sulle tematiche della sicurezza, del lavoro e della produzione e dell'ambiente.
Il più moderato e pacato nelle schermaglie verbali è apparso essere proprio il candidato ultraliberale, Javier Milei.

Il 'rottamatore' della 'casta' politica corrotta, dall'alto del vantaggio che gli assegnano i sondaggi non ha brandito questa volta la motosega che lo accompagna nei comizi di campagna e si è curato di non spaventare il pubblico.
Ha esordito accusando il ministro dell'Economia e candidato del peronismo, Sergio Massa, di aver portato il Paese al bordo dell'iperinflazione e della bancarotta e si è poi limitato a ribattere colpi minimizzando anche la portata di alcune delle sue affermazioni più polemiche come quelle sulla liberalizzazione della vendita di armi e di organi.
Massa ha dovuto ribattere i costanti riferimenti dei suoi avversari al recente scandalo del funzionario peronista pescato in vacanza a Marbella a bordo di uno yacht mentre a sua volta si è concentrato sulla presentazione di proposte.

Tra queste quella sulla creazione di una FBI argentina per combattere la criminalità organizzata. L'alfiere del peronismo ha quindi ribadito di voler formare un governo di unità nazionale aperto a tutte le forze politiche in caso riesca ad arrivare alla presidenza.
La più agguerrita, in linea con la necessità impellente di rimontare nei sondaggi che la collocano al terzo posto, è stata la candidata della coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio (Jxc), Patricia Bullrich. "Quand'è che la smetterete di rubare?", ha chiesto ironicamente a Massa al momento delle domande incrociate, accusando poi Milei di aver accettato tra le fila del suo partito molti esponenti della stessa "casta" che accusa di corruzione.
I due outsider della contesa, il federalista sorto dalle costole del peronismo dissidente, Juan Schiaretti, e la rappresentante della sinistra radicale, Miryam Bregman, hanno ripartito colpi equamente ai loro avversari. Bregman, che nel primo dibattito aveva definito Milei come "un gattino docile dei poteri forti" ieri lo ha bollato come "un rappresentante della vecchia destra solo un po' spettinato".
Anche l'attacco di Hamas è entrato inevitabilmente nel dibattito. Tutti hanno espresso solidarietà a Israele, mentre Bregman ha sottolineato che quanto accaduto è "una conseguenza delle politiche di occupazione dei territori".

 

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