Joe Biden gela Xi Jinping, definendolo nuovamente un "dittatore".
Lo fa nella sua conferenza stampa dopo il vertice tra i due leader, lungamente e meticolosamente preparato per avviare il disgelo tra le superpotenze, conclusosi con "grandi progressi" come il ripristino della hotline tra i presidenti e tra i militari e l'impegno sul clima e contro il traffico di fentanyl.
Un attacco - o una gaffe secondo altri - alla vigilia di un altro summit importante, quello dell'Apec, dove la rivalità tra Usa e Cina è riemersa nello scenario Indo-Pacifico.
"Si riferirebbe ancora al presidente Xi come a un dittatore?", ha chiesto una reporter, memore di quando Biden lo aveva bollato così in una raccolta fondi elettorale a giugno.
"Guardi, lo è", ha replicato il leader Usa senza esitazioni. Poi ha cercato subito di smorzare: "È un dittatore nel senso che è una persona che governa un Paese comunista basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra". Ma ormai la frittata era fatta, dopo la stretta di mano, i sorrisi e la passeggiata che avevano suggellato 4 ore di summit alle porte di San Francisco.
Lo conferma la smorfia tra l'imbarazzato e il trasalito del segretario di stato, Antony Blinken, seduto in prima fila nel corso della conferenza stampa. E lo conferma l'adirata reazione di Pechino che ha censurato il commento di Biden sui media stranieri: "Questo tipo di discorso è estremamente sbagliato e costituisce una manipolazione politica irresponsabile. La Cina si oppone fermamente", ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning. "Devo sottolineare che ci sono sempre persone con secondi fini che cercano di seminare discordia e distruggere le relazioni Cina-Usa, ma questo non avrà successo", ha aggiunto, senza fare nomi.