di FABIO PORTA
Come avevo previsto e ammonito, la Commissione europea – dopo aver iniziato nel mese di febbraio scorso una procedura di infrazione contro l’Italia in tema di Assegno unico universale (INFR2022/4024) censurando per discriminazione i requisiti di residenza richiesti dalle norme istitutive del beneficio e alla quale il Governo non aveva risposto adeguatamente - ha inviato in questi giorni al Governo italiano una lettera con “parere motivato” che contesta all’assegno unico e universale per i figli a carico introdotto a marzo 2022 il mancato rispetto delle norme sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori.
Il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta infatti qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari. Si ricorderà che in una mia interrogazione parlamentare avevo appunto segnalato al Governo che il diritto all’Assegno Unico era stato vincolato alla residenza in Italia e quindi l’abrogazione per tutti dal 28 febbraio 2022 delle prestazioni familiari (assegni e detrazioni sostituite appunto dall’Assegno unico) aveva penalizzato esclusivamente migliaia di contribuenti italiani residenti all’estero, pensionati e soprattutto lavoratori (i cosiddetti “non residenti Schumacher” che producono reddito in Italia per almeno il 75% del loro reddito complessivo) e tutti i residenti in Italia con figli a carico residenti all’estero.
Ora l’invio del “parere motivato” comporta un ulteriore avanzamento della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia con il rischio che il nostro Paese, se non si dovesse adeguare ai rilievi della Commissione UE entro due mesi, ne debba rispondere davanti alla Corte di Giustizia europea. Come è noto le condizioni di accesso al beneficio sono subordinate al possesso di specifici requisiti di cittadinanza , residenza e soggiorno al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio: tra queste, essere residente e domiciliato in Italia ed essere o essere stato residente in Italia per almeno 2 anni.
Il contenzioso che ora si è innescato potrebbe quindi riaprire il tema degli assegni e le detrazioni familiari per figli a carico per i residenti all’estero (attualmente eliminati) e per figli residenti all’estero dei lavoratori residenti in Italia (ora negati perché i figli, in base alla norma, devono far parte del nucleo familiare ISEE e cioè conviventi).
Giova ricordare che la Corte di Giustizia dell’Unione europea, a seguito di un contenzioso avviato dall’ Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, aveva dichiarato discriminatoria l’esclusione dei cittadini residenti in Italia – anche stranieri - dal diritto al contributo per i figli residenti all’estero. Dal 1° marzo 2022, infatti, questi cittadini non ricevono più alcun beneficio per i figli residenti all’estero (per i quali invece, precedentemente, percepivano gli assegni e le detrazioni per i figli a carico). Inoltre, basandosi sull’Isee, l’Assegno unico richiede il requisito della convivenza. Tale previsione esclude così gli stranieri che frequentemente mantengono figli residenti all’estero, fenomeno che - tra l’altro - si materializza spesso tra i frontalieri.
Nella mia interrogazione, che si rileva sempre più centrata, avevo pertanto chiesto al Governo se non ritenesse necessario ripristinare le detrazioni familiari e l’ANF per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni a favore dei contribuenti italiani “non residenti Schumacker” o prevedere in alternativa che l’AUU fosse concesso a tali contribuenti che non sono tuttavia percettori di analoghe prestazioni all’estero e se non ritenesse infine legittimo e opportuno concedere le prestazioni familiari per figli a carico (ora negate) ai lavoratori residenti in Italia ma con nucleo familiare residente all’estero. Auspichiamo che a fronte di queste procedure di infrazione europee il Governo italiano ripristini almeno gli assegni e le detrazioni familiari per gli italiani all’estero che prima ne avevano diritto ma che dal 2022 ne sono stati privati.