ROMA - Gli italiani residenti in uno dei Paesi extra Ue per votare alle prossime elezioni europee – in programma a giugno – dovranno tornare in Italia. Potrebbe sintetizzarsi così il senso della identica risposta del Governo a due diverse interrogazioni presentate da Federica Onori (M5S) in Commissione Affari Costituzionali e da Toni Ricciardi (Pd) in Commissione Affari Esteri, quest’ultimo sottolineando la rilevanza delle comunità residenti in Svizzera e Regno Unito.
Affidata alla sottosegretaria Wanda Ferro (Interno) e al vice ministro Edmondo Cirielli (Esteri), la risposta elenca tutte le problematiche che dovrebbero essere risolte per far votare i cittadini extra Ue alle europee: sia volendo scegliere la modalità-seggi, così come previsto dalla legge per il voto dei connazionali residenti nell’Ue, che il voto per corrispondenza, in vigore per politiche e referendum.
La normativa attualmente in vigore (decreto-legge n. 408 del 1994 recante “Disposizioni urgenti in materia di elezioni al Parlamento europeo” convertito con modificazioni dalla legge n. 483 del 1994; legge n. 18 del 1979) prevede che i cittadini italiani residenti in un Paese che non fa parte dell’Ue possono votare per i rappresentanti al Parlamento europeo esclusivamente recandosi in Italia presso il proprio comune di iscrizione elettorale. Dunque, per consentire loro altre modalità di voto è necessario un intervento legislativo.
Per farlo bisogna considerare alcuni “aspetti rilevanti” evidenziati dalla Farnesina.
“In primo luogo, - si legge nella risposta del Governo – la costituzione di appositi seggi elettorali da parte delle nostre rappresentanze diplomatico-consolari non apparirebbe funzionale all'esercizio del diritto di un voto che intenda coinvolgere i cittadini italiani in qualsiasi luogo del mondo, in quanto le circoscrizioni coprirebbero talvolta territori talmente vasti da rendere inadatta ogni distribuzione dei seggi ad assicurare una ragionevole prossimità agli aventi diritto al voto. Inoltre, determinati Paesi che ospitano consistenti collettività italiane sono caratterizzati da situazioni di sicurezza precaria, tale da rendere problematica la stessa convocazione degli elettori ai seggi”.
Quanto al voto per corrispondenza, “oltre a richiedere adeguate risorse finanziarie, presenta elementi di complessità. Infatti, a differenza della legge n. 459 del 2001 che istituisce la circoscrizione estera suddivisa in ripartizioni, con la conseguenza che tutti gli elettori in un dato Paese estero votano per gli stessi candidati, la normativa sulle elezioni europee prevede la suddivisione del territorio nazionale in cinque circoscrizioni e i candidati che vi si presentano sono votati sia dagli elettori residenti in Italia che da quelli residenti nei Paesi dell'Unione europea. Ne consegue che, nell'ipotesi di voto per corrispondenza, a ciascun elettore residente all'estero dovrebbe essere inviato un plico diverso a seconda della circoscrizione di appartenenza del Comune di iscrizione elettorale in Italia”.
Inoltre, “a conclusione delle operazioni di voto, la “previa separazione” delle schede, ai fini della trasmissione ai seggi costituiti presso ciascun capoluogo di circoscrizione, renderebbe necessaria l'introduzione di distinzioni nelle buste preaffrancate con cui i connazionali restituiscono le schede votate”.