BOLOGNA - Nel suo album dei ricordi una foto la ritrae, bambina, su una macchinina targata “Reby01”: è lì, seduta al volante della sua prima quattro ruote, che Rebecca Busi passa buona parte dei pomeriggi della sua infanzia, sognando di diventare pilota. Una passione che non l’ha mai abbandonata e che oggi, a 27 anni, la porta alla vigilia della sua terza Dakar, la più celebre e storica gara su due e quattro ruote, che la vide protagonista per la prima volta nel 2022, a soli 25 anni, la più giovane italiana ad aver mai partecipato alla competizione, mentre è salda la sua posizione nella top ten del Campionato Mondiale di Rally.
Una passione, quella per le auto, ereditata dal padre e dallo zio, il primo rallysta di moto con tre partecipazioni al leggendario Pharaon’s Rally, il secondo di auto: le prime gare con papà Roberto come navigatrice, la testardaggine che la porta a convincerlo, con l’aiuto di mamma, a mettersi lei al volante. Così, quando si tratta di scegliere da che parte iniziare, Rebecca non ha dubbi, e dopo aver venduto la sua macchina chiede come regalo di Laurea (in Economia) il restante budget per partecipare alla sua prima gara, la Dakar appunto: giocarsi il tutto per tutto, subito. Sono 20 le donne in gara sui 700 partecipanti dell’edizione 2022, e Rebecca sa farsi notare, oltre che per la sua giovanissima età, per la determinazione dimostrata. Per la sua terza Dakar - questa volta da professionista - nella quale ancora una volta è l’unica pilota donna italiana, Rebecca ha passato 2 settimane di preparazione nel deserto di Atacama, in Cile, portando la sua Maverick Can Am X3 XRS RR su sterrati e dune che ricordano quelli dell’Arabia Saudita, Paese che ospita per la quinta volta la competizione: partenza dal Campo mare nei pressi di Yanbu il 5 gennaio e arrivo a Shaybah il 19 gennaio, dopo 13 tappe.
Una gara estenuante con le sue sette-otto ore al giorno di guida per due settimane che richiedono la massima preparazione e concentrazione sia fisica che mentale: motivo per cui Rebecca si è affidata per la gara a un mental coach che la aiuta a superare i momenti di eccessiva tensione, perché la Dakar è una gara che si porta a termine con la testa prima ancora che con le braccia e le gambe. Accanto a lei ci sarà Sergio Lafuente, suo copilota dal Rally del Marocco, che con le sue 15 edizioni è Dakar Legend, come si usa dire dei veterani della gara, mentre suo padre sarà sulla macchina dell’assistenza, come dal primo anno: quello che era il suo sogno è stato realizzato dalla figlia, in un paese come l’Arabia Saudita che solo dal 2018 ha concesso nuovamente la patente alle donne, dopo 28 anni di divieto. La sua prima Dakar nel Paese Rebecca l’ha voluta correre con un casco arcobaleno, come quello scelto da Lewis Hamilton nel 2021 per il penultimo Gran premio della stagione, corso proprio in Arabia Saudita. Anche se, al di là dei simboli, Rebecca la sua rivoluzione l’ha già fatta, infrangendo il tetto di cristallo in un mondo maschile come quello delle corse automobilistiche. “Credo che altri Paesi siano più bravi a valorizzare la presenza delle donne in contesti di questo tipo – dice Rebecca -. Penso a luoghi come la Spagna o il Sud America, dove le pilota sono delle vere e proprie star mediatiche. Non è una mia ambizione, il mio unico desiderio è correre. Ma sono certa che, se la mia storia fosse conosciuta, magari qualche ragazzina che vuole iniziare a correre e pensa di non potercela fare si sentirebbe meno sola. Ecco, se riuscissi a dare speranza anche a una sola ragazza, ne sarei felice”.
Controcorrente, Rebecca, anche nella scelta di uno sponsor insolito come Onlyfans, che dallo scorso anno la accompagna: il suo canale sulla piattaforma – che da qualche tempo ha aperto a una community di atlete e atleti, virando verso contenuti diversi rispetto a quelli originariamente accolti – è uno spazio di condivisione delle giornate di allenamento e di gara, di paure e soddisfazioni, che oggi conta 17mila followers, cui si aggiungono gli oltre 130mila sulla sua attivissima pagina Instagram. Una generazione, quella cui appartiene, a cavallo tra Millenials e Gen Z, che sembra destinata, nella vita e nello sport ad aprire nuove vie, a superare conformismi e infrangere regole per seguire la propria vocazione.