L'Iran entra in azione.
Non più solo attraverso la sua rete di combattenti sparsi per il Medio Oriente, dagli Hezbollah libanesi agli Houthi yemeniti che continuano a sparare alle navi di passaggio nel Mar Rosso scatenando la reazione degli Stati Uniti.
Nella notte tra lunedì e martedì le forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione hanno lanciato "missili balistici" sull'Iraq e la Siria: il primo raid per mandare un segnale al nemico Israele e al suo alleato Usa che "creano insicurezza nella regione", il secondo per "vendicare" il sanguinoso attentato di inizio gennaio a Kerman rivendicato dall'Isis. In uno scontro incrociato - e per il momento ancora indiretto -, l'esercito americano ha di nuovo colpito i ribelli filoiraniani in Yemen, mentre lo Stato ebraico ha lanciato il più massiccio attacco contro i miliziani del Partito di Dio nel sud del Libano.
Nel colpire Erbil, la capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Teheran ha rivendicato di aver "distrutto uno dei principali quartier generali dello spionaggio del regime sionista (Mossad)". Secondo un comunicato dei Pasdaran, l'obiettivo era "il centro per lo sviluppo di operazioni di spionaggio e la pianificazione di azioni terroristiche nella regione e soprattutto nel nostro amato Paese". Le autorità locali hanno parlato di "almeno quattro civili" uccisi, tra cui il noto imprenditore dell'immobiliare Peshraw Dizayee e altri membri della sua famiglia.
Il premier del Kurdistan, Masrour Barzani, ha respinto come "completamente infondata" e "ingiustificata" la circostanza che nel mirino ci fosse una sede dei servizi di intelligence israeliani, sottolineando come gli attacchi iraniani abbiano colpito solo civili e abitazioni private, tra cui appunto quella dell'imprenditore. "Questi attacchi non devono rimanere senza risposta", ha tuonato da Davos.
Il governo centrale di Baghdad ha reagito condannando "un'aggressione alla sua sovranità e al suo popolo", convocando l'ambasciatore iraniano in Iraq e richiamando il proprio da Teheran. L'Iraq ha annunciato anche "una denuncia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite" e una commissione d'inchiesta per dimostrare "all'opinione pubblica irachena e internazionale la falsità delle accuse dei responsabili di questi atti riprovevoli". L'attacco iraniano è stato condannato anche dagli Usa come "irresponsabile": esplosioni sono state udite al momento dei raid anche vicino al consolato americano di Erbil senza conseguenze. Una fonte della sicurezza irachena ha riferito all'Abc che le forze della Coalizione anti-Isis di stanza nella regione - cui partecipa anche l'Italia - hanno abbattuto tre droni vicino all'aeroporto.
In Siria, invece, le forze iraniane hanno annunciato di aver colpito ad Aleppo "i luoghi di raduno dei comandanti e dei principali elementi legati alle recenti operazione terroristiche, in particolare lo Stato Islamico", come vendetta per il duplice attentato del 3 gennaio vicino alla tomba del generale Qassem Soleimani - ucciso dagli Usa 4 anni prima - che ha provocato quasi 100 morti a Kerman. Teheran ha quindi minacciato nuove azioni "fino a quando le ultime gocce del sangue dei martiri non saranno vendicate".
La temuta escalation appare sempre più una realtà nell'intera regione. Dopo l'ennesimo attacco degli Houthi filo-iraniani a una portarinfuse americana e a un cargo greco, Washington ha risposto colpendo postazioni di missili antinave in Yemen che rappresentavano "una minaccia imminente" per il traffico marittimo nel Mar Rosso.
Israele ha invece martellato con aerei da combattimento e artiglieria "decine di obiettivi" degli Hezbollah nel Wadi Saluki, nel Libano meridionale. "E' stato uno dei maggiori attacchi condotti dall'inizio della guerra. Ed è stato completato in pochi minuti", ha commentato un ufficiale dell'Idf.
Nella Striscia di Gaza l'esercito israeliano ha perso finora 190 soldati, mentre sono 24.285 le vittime palestinesi secondo il ministero della Sanità di Hamas. Il cui leader Yayha Sinwar è stato inserito nella lista dei terroristi dell'Unione europea, con le relative sanzioni. "Una decisione morale e giusta", ha commentato il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, determinato a "sradicare le radici del male ovunque rialzi la testa".
Ampio consenso tra i 27 su una missione Ue in Mar Rosso
Tra i 27 Paesi membri dell'Ue sembra esserci "un ampio consenso" sulla necessità di agire "in modo rapido e pragmatico" per garantire la navigazione nel Mar Rosso e contrastare gli Houthi, creando una missione Ue. Lo assicura una fonte diplomatica all'ANSA. Ora si chiederà al Gruppo Politico-Militare di fornire le sue "raccomandazioni" e al Comitato militare dell'Ue di fornire "al più presto" le indicazioni militari sul concetto di gestione della crisi.
In mattinata è stata infatti affrontata al Comitato di Politica e Sicurezza (Cops) la possibilità di lanciare una missione Ue nell'area ed è stata "espressa la volontà" di procedere con la proposta del Servizio di Azione Esterna di creare una missione sulla base della già esistente Agenor - a guida francese - e con un'area di operazioni "dal Golfo e dallo Stretto di Hormuz al Mar Rosso". Agenor è il ramo militare della più ampia 'Emasoh (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), avviato il 20 gennaio 2020 con una dichiarazione di sostegno europea congiunta ed è pienamente operativo dal 25 febbraio 2020.
Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo partecipano attualmente all'operazione. La European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz "mira a garantire un ambiente di navigazione sicuro, a contribuire alla de-escalation delle tensioni e a facilitare un dialogo regionale inclusivo nello Stretto di Hormuz", si legge sul sito della missione.
Sulla situazione nel Mar Rosso, Italia e Francia hanno espresso la volontà di "dare rapido impulso ad una missione europea alla quale potrebbero partecipare anche Paesi non Ue che condividano l'importanza della libera navigazione e le cui rotte commerciali siano messe in pericolo dagli attacchi terroristici Houthi". È quanto discusso ieri tra il ministro della Difesa Guido Crosetto e il suo omologo francese Sébastien Lecornu in un incontro in video conferenza.
La Shell sospende le spedizioni attraverso il Mar Rosso
Il colosso petrolifero britannico Shell ha sospeso tutte le spedizioni attraverso il Mar Rosso a tempo indeterminato dopo gli attacchi di Stati Uniti e Regno Unito contro i ribelli Houthi dello Yemen che hanno innescato timori di un'ulteriore escalation. Lo riferisce il Wall Street Journal, citando fonti informate della decisione.
Operazione dei Navy seal, sequestro missili da Iran a Houthi
Il comando centrale degli Stati Uniti con un post su X ha reso noto che in una spettacolare operazione i Navy seal statunitensi, supportati da aerei, elicotteri e droni, hanno abbordato un'imbarcazione vicino alla costa della Somalia nelle acque internazionali del Mar Arabico e hanno sequestrato missili e componenti di fabbricazione iraniana che avrebbero dovuto rifornire le milizie Houthi dello Yemen. Tra le armi sequestrate anche missili da crociera. Questo stesso tipo di armi è stato usato dagli Houthi per attaccare navi commerciali nel Mar Rosso. Nell'operazione, due Navy seal risultano dispersi in mare.
Quello avvenuto l'11 gennaio, afferma il Comando centrale degli Stati Uniti su X, è il primo sequestro di armi convenzionali avanzate letali fornite dall'Iran agli Houthi yemeniti dall'inizio degli attacchi a navi cargo nel Mar Rosso, da novembre 2023. "E' chiaro che Teheran continua a inviare aiuti letali agli Houthi. Questo è un altro esempio di come l'Iran semini attivamente instabilità in tutta la regione in diretta violazione della risoluzione 2216 sulla sicurezza delle Nazioni Unite e del diritto internazionale", ha dichiarato il generale Usa Michael Erik Kurilla, "continueremo a lavorare come partner regionali e internazionali per denunciare e interdire questi sforzi e, in definitiva, ristabilire la libertà di navigazione". Il dhow è stato affondato.