"L'accordo sugli ostaggi rapiti a Gaza non è dietro l'angolo".
Lo ha detto in un'intervista ad Abc news il consigliere per la sicurezza americana Jake Sullivan sottolineando che "la palla ora è nelle mani di Hamas".
"Questo tipo di negoziati procedono di solito lentamente fino a quando non accelerano all'improvviso. E quindi è difficile stabilire un calendario preciso su quando ci si arriverà o persino se ci si arriverà", ha spiegato il funzionario.
Hamas prende tempo. E la risposta sull'accordo, mediato a Parigi per il rilascio degli ostaggi e la tregua, si fa attendere mentre più fonti, citate dai media arabi, anticipano la possibilità di una fumata nera. La fazione islamica vorrebbe di più. Non solo per quanto riguarda la liberazione dei detenuti palestinesi per i quali non si accontenterebbe di uno scambio 3 a 1 con gli ostaggi, come previsto nei precedenti accordi. Ma soprattutto - trapela dalle prime indiscrezioni riportate da Al Arabija e Al Sharq - condizionerebbe il suo via libera ad un cessate il fuoco totale. Una richiesta quest'ultima, da sempre rifiutata da Israele con il premier Benyamin Netanyahu che ha ribadito le linee rosse: "I nostri sforzi per liberare gli ostaggi procedono incessantemente" ma "come ho già detto, non accetteremo ogni accordo né ad ogni prezzo", ha ribadito. "Non si è ancora in vista di un'intesa, ci sono grandi divari tra le parti", ha detto una fonte di Hamas al network al Quds. Per la tv israeliana Kan la mancata risposta - che la tv saudita 'Al-Hadath' aveva preannunciato per la serata di domenica - sarebbe legata alla persistente diversità di posizioni sull'accordo tra il leader di Hamas all'estero Ismail Haniyeh e quello a Gaza Yahya Sinwar. Secondo la stessa emittente, nella richiesta avanzata dalla fazione palestinese per la libertà di un maggior numero di detenuti palestinesi, sarebbero inclusi quelli della 'Forza Nukheba', responsabile principale dell'attacco del 7 ottobre. Richiesta su cui Netanyahu, che ha convocato il Gabinetto di guerra al ministero della difesa a Tel Aviv, non transige: "Molte cose che sono state dette nei media come se le avessimo accettate, ad esempio la liberazione dei terroristi - ha spiegato - non le accettiamo". Netanyahu ha poi confermato che Israele non metterà fine alla guerra fino "all'eliminazione di Hamas, al ritorno di tutti gli ostaggi e al fatto che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele". Salvo soprese le posizioni non si sarebbero dunque avvicinate sull'intesa mediata da Usa, Qatar ed Egitto nella capitale francese, mentre è in arrivo il segretario di stato Antony Blinken che sarà a Gerusalemme nelle prossime ore. La sua spola diplomatica - è la sesta visita che compie in Israele dallo scoppio della guerra a Gaza - vedrà tappe anche in altri Paesi dell'area, Arabia Saudita compresa. Non facilita certo l'attuale situazione di contrasto tra Usa e Israele sul conflitto, la dichiarazione del ministro della sicurezza nazionale - e leader di destra radicale - Itamar Ben Gvir. "Se l'ex presidente statunitense Donald Trump fosse al potere - ha detto al Wall Street Journal - "la condotta degli Usa nella guerra a Gaza sarebbe completamente differente". "Invece di darci pieno appoggio - ha insistito Ben Gvir - Biden è impegnato a portare aiuti umanitari e benzina a Gaza" che vanno "ad Hamas". Ben Gvir ha poi confermato il suo "suggerimento" ai residenti di Gaza di "emigrare volontariamente in altre parti del mondo". Un'accusa rigettata da Netanyahu - e anche da altri esponenti del governo e dell'opposizione - che ha ringraziato invece "l'amministrazione Usa per il sostegno avuto da Israele sin dall'inizio della guerra". "Questo non vuol dire - ha aggiunto - che con gli Usa non possano esserci divergenze di opinioni. Le abbiamo superate con decisioni ponderate e determinate". Netanyahu ha poi detto "di non aver bisogno di nessuno" nel gestire i rapporti con gli Usa nel contesto "della difesa degli interessi di sicurezza di Israele". Al 121/esimo giorno di guerra, l'esercito israeliano è focalizzato sulla roccaforte di Hamas di Khan Yunis, nel sud di Israele dove ha preso il controllo del Quartier generale della Brigata locale dove si trovavano tra l'altro gli uffici di Sinwar. Ma è tutto il sud nel mirino con il ministero della sanità di Gaza controllato da Hamas che ha denunciato "un attacco israeliano contro un asilo nella città di Rafah" che ha causato la morte "di almeno due bambine". Secondo la stessa fonte ci sarebbero "anche decine di feriti" e che nell'asilo "avevano trovato rifugio molti sfollati". Sempre il ministero della sanità - che non distingue tra civili morti e miliziani - ha annunciato che gli uccisi nella Striscia per i raid di Israele sono arrivati a 27.365 con 66.630 feriti.