di BRUNO TUCCI
Che scuola è quella di oggi? La violenza dilaga, la disciplina è un optional.
Accade che a Varese uno studente accoltelli la propria insegnante che lo voleva bocciare, che un preside sia pestato da un genitore che, istigato dal figlio, ritiene il direttore dell’istituto una persona che perseguita il suo ragazzo.
E ancora che nel milanese, a Pieve Emanuele, un diciottenne accoltella un compagno di soli 16 anni rivale in amore. Il ministro Giuseppe Valditara, scosso da questi episodi, interviene e dice: “Bisogna ricostruire l’alleanza educativa tra genitori e docenti”.
E’ proprio così: non c’è più quel feeling indispensabile che legava le famiglie agli insegnanti.
Oggi hanno ragione sempre i ragazzi qualsiasi cosa avvenga. Anche se prende un tre perché impreparato è colpa del docente che lo reputa antipatico.
In questo modo, l’indispensabile collaborazione tra scuola e famiglia va a farsi benedire a discapito di quelli che dovrebbero essere i princìpi fondamentali dell’istruzione.
E’ vero: i tempi sono cambiati, non si può fare un paragone tra la scuola di ieri e quella di oggi, è intervenuta la rivoluzione tecnologica che permette anche che a scuola si porti un cellelulare e si risponda durante una lezione ad un amico che vuole organizzare con te il pomeriggio.
Interviene il docente, il responsabile viene cacciato di classe e spedito in direzione.
Quando ritorna a casa e racconta l’episodio apriti cielo: i genitori si infuriano e invece di dare quattro scappellotti al figliolo si precipitano a scuola per parlare e inveire contro il sopruso subìto dal ragazzo.
Quanto sono lontane le giornate in cui la generazione di una volta (ora con i capelli bianchi) sedeva al proprio banco e non sussurrava una parola se non lo avesse richiesto il maestro o il professore che sia. Esisteva una vera collaborazione tra chi era a casa (i genitori) e chi era a scuola (gli insegnanti).
Se un ragazzo prendeva una insufficienza o aveva risposto sgarbatamente a chi gli stava spiegando un argomento la responsabilità non era di chi siedeva dietro una cattedra, ma di chi era indiscplinato e disattento.
Un due in italiano o in matematica e la conseguente punizione fra le quattro mura domestiche. “Adesso, per una settimana dimenticati di vedere i tuoi compagni e di andare a giocare a calcio”, questa la punizione più usuale.
In aggiunta, il colloquio di padre o madre con l’insegnante per cercare insieme il rimedio per riportare il giovanetto sulla buona strada.
Ora, come purtroppo ci racconta la cronaca, avviene l’esatto contrario, di modo che il ragazzo si sentirà sempre protetto e potrà continuare indisturbato a percorrere un itinerario sbagliato.
E’ lo stesso paese in cui si vive che non aiuta i giovani a condurli su una buona strada. L’esempio dovrebbe venire da chi guida la nazione ed è stato scelto dai cittadini per compiere un difficile e delicato lavoro.
Senonchè, chi abita nel Palazzo si comporta in maniera diametralmente opposta. La rivalità non finisce con un civile dibattito in cui le idee si contrappongono, ma in un alterco violento che certo è il contrario di quello che dovrebbe essere un insegnamento.
Gli avversari politici diventano nemici e ogni giorno assistiamo o leggiamo episodi che non sono degni di un paese civile.
Che cosa imparano i giovani da questi esempi? E perché i loro genitori non comprendono che dare loro sempre ragione è controproducente?
Non c’è motivo che tenga, così la scuola si degrada e va verso una deriva che dovrebbe preoccupare quanti sono impegnati a creare un futuro migliore. Invece, gli episodi più aberranti si susseguono, si ripetono quasi quotidianamente e tutto svanisce con un titolo di poco conto su un giornale o con una breve frase in tv.
Ventiquattro ore dopo, ci si dimentica di quel che è avvenuto e si continua a non dare il giusto significato al fatto.
Se il cammino non cambierà, cioè se non ci si rende conto dell’importanza che la scuola ha per la preparazione di un giovane e per il conseguente suo modo di vivere, quale sarà il futuro del nostro Paese? E chi lo guiderà ad andare avanti con la promessa di raggiungere nuovi risultati per il buon nome dell’Italia?