di BRUNO TUCCI
La vendetta è un piatto che si mangia freddo. Non tanto freddo però visto che il prossimo voto sarà in Abruzzo il 10 marzo e un mese dopo in Basilicata. Ma è lì che la destra cercherà il riscatto dopo il flop sardo. Le due elezioni regionali risponderanno sì o no. Però, un fatto è certo: o la triade Meloni, Salvini, Tajani smette di litigare anche alla luce del sole oppure è notta fonda. “Stiamo riflettendo su quel che è successo”, ammette Giorgia. Forse avrebbe fatto bene a riflettere prima dato l’evidente sbaglio sulla scelta del candidato. Questa, adesso, è acqua passata. Bisogna pensare al prossimo futuro se si vogliono evitare altre disavventure.
In primo luogo: finirla di dividersi e di avere opinioni diverse su molteplici problemi. Ma non sembra la strada che specie Fratelli d’Italia e Lega vogliono percorrere. Da subito, fin dalla dalla consultazione in Basilicata. Salvini sarebbe propenso a dire sì al candidato della Meloni se Luca Zaia avesse l’opportunità di ripresentarsi in Veneto.
Insomma, il ritornello non cambia: io ti do una cosa a te, se tu ne dai una a me. Stando così le cose, la maggioranza che vuole riconfermare in Abruzzo Marco Marsilio (fedelissimo della Meloni) non avrà gioco facile.
Anche perché c’è chi vuole salire subito sul carro del vincitore, ovvero sul “campo largo”. Dice sì pure Carlo Calenda che fino ad una manciata di giorni fa (esattamente venerdì scorso) considerava i grillini il guaio peggiore dell’Italia e degli italiani. Non c’è da meravigliarsi: la politica è l’arte del compromesso, ma questo più che un compromesso è una assoluta retromarcia.
Avrà vita il nuovo corso della sinistra, cioè l’abbraccio fra Pd e 5Stelle? Se dovessimo stare al dopo Cagliari non ci dovrebbero avere dubbi. Elly e Giuseppe sono addirittura saliti sullo stesso aereo pur di non dare una chance all’”avversario” di prendere per primo gli abbracci e gli applausi della gente che aveva votato per il nuovo presidente della regione. Ma poche ore dopo, subito un alt o, per lo meno, un distinguo: quando i giornalisti hanno chiesto a Conte se questo poteva essere l’inizio di un patto di ferro, il numero uno dei 5Stelle ha risposto in maniera quanto mai ambigua: “Dobbiamo valutare i singoli progetti e su questi confrontarci”.
In parole semplici, Giuseppi non ha perso assolutamente il sogno di essere lui il vero interlocutore della sinistra. Va bene: la Schlein ha vinto, “ma solo perché noi le abbiamo dato una nostra esponente che ha trascinato la gente oltre ogni ottimismo”. “L’alternativa non è poi così lontana” ammette la Schlein. Ed è fuor di dubbio che la vittoria in Sardegna le ha dato la possibilità di uscire dalle sabbie mobili delle correnti del Pd. Financo Stefano Bonaccini che, con i suoi, aveva annunciato perplesso il momento di crisi dei dem, si è affrettato a telefonare a Elly per farle i suoi complimenti: “Lei è stata brava, non c’è da aggiungere altro”.
Ecco, dunque, qual è la situazione il day after del voto. La sinistra è euforica e non disdegna l’idea di fare filotto prima in Abruzzo e poi in Basilicata. Si è lasciato andare pure il padrino della minoranza, al secolo Romano Prodi, inventore dell’Ulivo. Con un distinguo però: “Riusciremo a ribaltare il corso della nostra democrazia se tutti rinunceranno a tenere le proprie posizioni”. In sintesi, no agli orticelli ed agli egoismi.
Dall’altra parte della barricata una destra che è stata colpita da un potente pugno dell’avversario. Ne seguirà un altro e un altro ancora? A Palazzo Chigi, pur se preoccupati, non sono così pessimisti. In fondo hanno perso una regione per qualche centinaio di voti. Non è stata quindi una Caporetto, però potrebbe diventarla se Salvini non smetterà di sparare ogni giorno sulla premier e se Giorgia in futuro sappia scegliere candidati diversi da quelli presentati al comune di Roma e giorni fa in Sardegna.