di FRANCO MANZITTI
GENOVA - La talpa, una bestia da trecento metri di lunghezza, che scava il Terzo Valico, impantanata da mesi nella pancia friabile dell’Appennino. Un’altra talpa in viaggio dalla Cina per arrivare a Genova e scavare lo scolmatore del Bisagno, che non si sa quando è partita e quando arriverà, che neppure il “Giro del mondo in ottanta giorni”, storia di qualche secolo fa, può essere paragonato al romanzo di questo viaggio.
E ora le sentenze del Consiglio di Stato che bloccano i cantieri fondamentali per il futuro, anche per quel plastico di Genova 2030 che esalta tutti a Cannes, e frenano le opere del Terzo Valico, tanto per cambiare, dello Scolmatore, tanto per cambiare e della metropolitana già lumaca, tanto per cambiare.
C’è uno stop anti mafia, che blocca questi cantieri e riguarda una delle tre imprese impegnate in quelle operazioni fondamentali dello sviluppo, con conseguenze che ricadono a cascata su tanti aspetti, a incominciare da quelli dell’occupazione e da quelli dei tempi che si allungano. Già il Terzo valico è atteso da 110 anni, la Metropolitana è una linea record di lentezza dagli anni Novanta e lo scolmatore è invocato almeno dall’alluvione catastrofica del 1970: opere che riguardano almeno tre generazioni di cittadini genovesi, la prima delle quali rischia di non vederle realizzate, dopo averle attese tutta la vita e in parte anche progettate, immaginate, sognate.
Insomma due talpe e una sentenza anti mafia immobilizzano almeno tre pezzi del grande disegno futuro, che si coltiva con grande spinta e che ogni giorno sembra sprigionare svolte decisive.
L’aeroporto che finalmente sembra decollare e nel quale anche il Comune scommette da azionista, il boom del marketing territoriale, certificato dal successo di Cannes, dove Genova è la star del Mipim.
Ma c’è, appunto, chi scava sotto. Le talpe maledette.
Sembra un po’ una favola da bambini, con finale ancora tutto da scrivere, questa storia delle due talpe che finiscono in panne e che si possono aggiungere alla terza, quella che dovrà scavare il tunnel subportuale, andando a quaranta metri sotto il fondo del mare e che per ora è salva.
Invece non è una favola per bambini cattivi, che si meritano la fine ingloriosa delle talpe, ma la realtà di una incapacità di essere normali nel percorso delle opere pubbliche sul nostro territorio.
L’altra storia, per niente una favola, quella dell’ interdittiva anti mafia applicata a una impresa di costruzioni campana, impegnata con altre in quelle tre opere fondamentali, spunta come una maledizione annunciata, ma che si poteva evitare eccome.
Abbiamo schivato il rischio simile nella costruzione del ponte San Giorgio, grazie a una procedura eccezionale, a un commissariamento che ha provveduto a cautelarsi contro i rischi di infiltrazioni mafiose nei cantieri, con la nomina di un consulente come l’ex procuratore capo Di Lecce, uomo di grande capacità.
Perché questo sistema non ha funzionato per il Terzo Valico, che è già inciampato in quella trappola, per lo Scolmatore del Bisagno, il cui fratello del Fereggiano addirittura non era partito per il timore di quelle infiltrazioni, per la metropolitana che è un’opera da seguire al microscopio, tanto è lenta e sotto gli occhi di tutti nel cuore della città?
Non so spiegarmelo, anche se si devono compiere tutti gli sforzi per avere fiducia nelle scelte della magistratura e nella velocità con la quale gli stop possono essere superati nelle tre gallerie.
In fondo le favole poi hanno sempre un finale lieto e questo è raccomandabile non solo nell’età fatata dell’infanzia. Ma anche in questa età di Genova, dove lo sforzo di cambiamento è arrivato al momento decisivo su un crinale pericolosissimo.
Se cadi di qua si ferma tutto, se cadi di là il superplastico 2030 diventa una realtà, come toccato dalla bacchetta magica. Che è quella che può far scintillare di magia le talpe.
Se no finiamo in quella barzelletta sui carabinieri nella quale il militare incaricato di eliminare le talpe era tornato con l’annuncio esaltato: “ Maresciallo le abbiamo eliminate! ” E alla domanda: “Come?” aveva risposto sbattendo i tacchi: “ Interrandole”.
Non vorremmo avere interrato le nostre talpe nel Mare della Cina e dentro al Terzo Valico. Con il coperchio di una sentenza della magistratura.