di BRUNO TUCCI
Elezioni 2024, regionali, europee, americane: cosa cambierà e cosa no? Questi sono i numeri che non si discutono. Dal 1946 ad oggi, si sono succeduti in Italia 68 governi, 31 premier e tre presidenti della Repubblica dimissionari: Mario Segni, Giovanni Leone e Francesco Cossiga. È un’Italia malata, incapace di trovare una guida del Paese che possa durare a lungo? La risposta è no: ci sarebbe il modo di evitare crisi continue, basterebbe usare il buon senso e una maggiore visione del futuro pensando solo al benessere degli italiani. Al contrario nei Palazzi le liti e gli sgambetti rappresentano il gioco preferito di quei condomini che non riescono nemmeno a mettersi d’accordo sulla nomina di un amministratore.
La discordia non divide soltanto maggioranza e opposizione, la rivalità serpeggia pure tra i partiti amici che dovrebbero solo dialogare sia pure nelle diversità di pensiero. Invece, non è così. Ogni giorno un conflitto, una palla avvelenata contro chi non è d’accordo su questioni che potrebbero essere risolte con un pizzico di raziocinio in più. In questo modo si va avanti a tentoni sperando che chi siede a Palazzo Chigi possa durare a lungo. Non per essere da una parte o dall’altra, ma esclusivamente perché i problemi che ci assillano sono tanti.
E’ chiaro che difronte ad una simile situazione, gli italiani rimangano perplessi e non si fidino più delle parole e delle promesse dei politici. Dicono: “Che vale impegnarsi e votare a destra o sinistra se poi le decisioni vengono prese tra le quattro mura di una segreteria infischiandosene di che cosa vorrebbe il popolo sovrano”? Anche di recente questo quadro non ha cambiato la rappresentazione. Fra le elezioni della Sardegna e dell’Abruzzo i contendenti se ne sono dette di tutti i colori. Dapprima si è parlato di un vento diverso che metteva a dura prova chi governa; quindici giorni più tardi la forte tramontana o il libeccio (a scelta) si sono ridotti ad un refolo ed il ritornello è ripreso come prima senza il minimo cambiamento.
Il 2024, sarà un anno difficile e complicato. Prima, altre tre regioni dovranno andare al voto (Basilicata, Piemonte e Umbria), poi ci sarà la grande bagarre delle europee in cui tutti saranno contro tutti. Dovrebbe essere un periodo di grandi riflessioni anche perché anche gli Stati Uniti andranno al voto: una scelta che riguarderà non solo noi, ma l’intero vecchio continente. Quindi, nessuno potrà negare che stiamo andando incontro a mesi delicati e problematici. Ecco il motivo per cui la politica dovrebbe dimostrare una maggiore saggezza ed un più significativo buon senso per il futuro di tutti noi.
E’ troppo chiedere ai Palazzi di cambiare marcia e di trovare almeno un solo punto su cui andare d’accordo? E’ lecito auspicare che si trovi un denominatore comune che riporti fiducia tra quanti vivono in condizioni disagiate? E perché no, anche tra quelli che riescono a mettere insieme il pranzo con la cena senza patemi d’animo? In fondo, non crediamo sia difficile raggiungere questo traguardo: basterebbe rinunciare a pensare soltanto al proprio orto.
Purtroppo non sarà così e speriamo di avere torto. Però, quando si andrà a votare il mese di giugno per il futuro dell’Europa i conflitti aumenteranno ed i partiti saranno l’un contro l’altro armati: mors tua, vita mea. Una sola preferenza in più o in meno potrebbe essere determinante. La guerra è già aperta: quale sarà il futuro di Bruxelles e dintorni? Riflettiamo a lungo prima di depositare la scheda nell’urna in modo che sia il voto popolare a decidere che cosa avverrà e non un gruppo di persone che magari si disinteresserà dei nostri problemi pur di conquistare una poltrona nel parlamento europeo.