di BRUNO TUCCI
Insomma, che cosa vuole Matteo Salvini?Forse è lo stesso interrogativo che si pone ogni giorno Giorgia Meloni, perché quotidianamente uno dei due suoi vice premier lancia (nascostamente?) palle avvelenate all’indirizzo di Palazzo Chigi. A destra, a sinistra, al centro: tutte le scuse sono buone per essere “diverso”.
L’ultima trovata del capo della Lega riguarda le elezioni tenutesi in Russia. “Sono consultazioni fasulle, la gente ha paura e dice si all’autocrate”, spiega la stragrande maggioranza europea. Matteo meraviglia tutti: “Quando il popolo vota ha sempre ragione”, replica sillabando le parole. Un ritorno di fiamma? Una rinnovata stretta di mano al dittatore per rammentare i vecchi tempi? Nel centro destra, meglio nell’esecutivo, c’è molto imbarazzo. Antonio Tajani è deciso: “Il voto è stato segnato da violenze e pressioni. Nelle urne il sangue”. Giorgia Meloni è più cauta: “Sui fatti concreti il governo è coeso”. Nulla di più. Vuol dire che rispondere è difficile? Soltanto con la diplomazia si può uscire da questa incresciosa situazione? Probabilmente la premier aspetta il momento giusto per chiedere a Matteo dove vuole arrivare.
Alcuni suoi fedelissimi non hanno peli sulla lingua: “Se solo potesse, ne farebbe volentieri a meno del suo appoggio”. Però, oggi questo è impossibile perché i voti del Carroccio sono indispensabili. Non solo, ma se la triade dovesse perdere un pezzo, la minoranza potrebbe avere un asso nella manica per dimostrare che questa alleanza non può guidare il Paese. L’atteggiamento di Salvini è a volte incomprensibile, ma non per chi mangia ogni giorno pane e politica. La verità è che la Lega, sotto la sua direttiva, sta perdendo colpi. Peggio, è scesa quasi ai minimi termini. Dal Papete ad oggi, la china non ha avuto un freno e non pochi esponenti di spicco del partito hanno cominciato a storcere la bocca.
Fallita l’operazione di creare una forza nazionale, il Carroccio è venuto a più miti consigli e si è ritirato dietro i suoi vecchi confini. Ma nemmeno così i risultati sono stati sufficienti. In Sardegna e in Abruzzo (tanto per citare le ultime consultazioni) è stato di nuovo un tonfo. Allora? Da quel vecchio furbo della politica che è Salvini mena fendenti che possano meravigliare e ridare alla Lega il prestigio di una volta. Tanto più che i suoi amici-nemici (in aumento) lo aspettano al varco per dargli il ben servito e sostituirlo con personaggi che possano ridare un volto nuovo (o vecchio) al partito: quello che fu di Umberto Bossi. Per il momento si temporeggia: l’ipotesi di una triade che avrebbe potuto rimpiazzare Matteo segna il passo. Formata da tre big che nessuno discute: Fontana, Fedriga e Zaia. Salvini si difende e sostiene a gran voce la candidatura in Europa del governatore del Veneto. Comunque, il voto di Bruxelles di giugno dovrebbe rappresentare la cartina di tornasole per il vice premier. Se anche in quella occasione la Lega dovesse fare un flop la “carriera” di Matteo finirebbe.
Ecco la ragione per la quale oggi il ministro corre in lungo e in largo per l’Italia (soprattutto al Nord) in cerca di preferenze che possano salvarlo. Se ne inventa una al giorno per strappare un titolo in prima pagina sui giornali o avere una risonanza in tv. I suoi alleati del centro destra pazientano, spiegano che si tratta di scaramucce perché alla fine quando si debbono prendere decisioni importanti, Salvini non tradisce e va avanti con Meloni e Tajani. A giugno, però, le alleanze non conteranno un bel nulla: sarà un voto del tutto contro tutti. Matteo riuscirà a sopravvivere? Apertamente, i big di Fratelli d’Italia tacciono, ma forse sperano in una nuova stangata della Lega anche se ufficialmente dicono l’esatto contrario.