Minacciata con un coltello, trascinata dentro un'abitazione nel rione palermitano di Ballarò, mentre era in compagnia del suo fidanzato.
E' quanto ha raccontato ai carabinieri la ventenne che lo scorso luglio era stata portata in un cantiere abbandonato e violentata da sette ragazzi, ora in carcere. Ad affrontare la ragazza sarebbero stati un giovane denunciato per un'altra violenza - di cui la vittima ha fatto il nome durante le deposizioni e che risulta indagato - e la madre di quest'ultimo, forse per costringere la ragazza a ritrattare le accuse.
Il fidanzato della giovane - secondo il suo stesso racconto - è stato immobilizzato e quando è riuscito a liberarsi è corso dai carabinieri dove, dopo un po', sono giunti anche la ragazza e i due aggressori. I carabinieri stanno ancora indagando per ricostruire la vicenda, anche grazie alle telecamere di videosorveglianza. Per lo stupro di gruppo del luglio scorso è già stato condannato con rito abbreviato a 8 anni e otto mesi l'unico minorenne del gruppo. Il 19 aprile è in programma l'udienza preliminare nei confronti degli altri sei componenti del branco.
La Procura di Palermo e la Procura dei Minori hanno aperto un'indagine per violenza privata.
"Dopo la nuova aggressione nei suoi confronti, la mia assistita è stata portata in una località segreta per tenerla al riparo da ulteriori minacce". Lo ha detto all'ANSA l'avvocato Carla Garofalo, legale della ventenne vittima dello stupro di gruppo avvenuto nel luglio scorso a Palermo. Il legale della ragazza non ha potuto incontrare la sua assistita proprio perchè è stata immediatamente portata via da Palermo per motivi di sicurezza. La giovane, subito dopo lo stupro di gruppo del luglio scorso, era stata inizialmente trasferita in una comunità protetta, ma dopo qualche tempo aveva fatto rientro in città, ospite di una zia.