di JUAN RASO

Lo confesso, non sono stato uno studente brillante. Superavo sempre gli esami, ma con voti minimi, come quegli atleti che devono fare uno sforzo superiore alle loro capacità per poter partecipare ad una gara. Poi un giorno fui bocciato, come era giusto: era un esame di Diritto del Lavoro, nella facoltà di Diritto di Montevideo, di gran prestigio in América Latina. La fortuna mi arrise, perché mi permisi di chiedere al professore - Américo Plá Rodríguez, una eminenza internazionale – il motivo per cui ero stato respinto. E il professore pazientemente non solo mi chiarí diversi aspetti della mia ignoranza, ma mi spiegó la rilevanza del Diritto del lavoro nel mondo. Ricordo ancora quel giorno, per me solo paragonabile alla caduta in ginocchio di San Paolo sulla strada verso Damasco.

Da allora, – dopo la famiglia -, il Diritto del lavoro ha segnato il mio percorso di vita e mi ha consentito approfondire le complessitá di una disciplina che pone a confronto lavoratori e imprenditori e dove è necessario porre attenzione a soluzioni sempre diverse per costruire consensi tra gli uni e gli altri. Ma il Diritto del lavoro è stato per me anche l’occasione per costruire amicizie, viaggiare, scoprire le universitá piú belle del mondo (in primis, Bologna) ed avere stretti rapporti con colleghi prestigiosi europei e latinoamericani, tra i quali non posso dimenticare Gino Giugni, Marco Biagi e Umberto Romagnoli, o interloquire spesso con studiosi como Tiziano Treu, Raffaele De Luca Tamajo e Michele Tiraboschi.

Va ricordato che il Diritto del Lavoro è cambiato fortemente durante gli ultimi cent’anni. Da una disciplina minore, che cercava fondamentalmente di tutelare con poche e concrete regole l’operaio di fabbrica, siamo oggi passati ad una complessa costruzione normativa, che si estende a forme diverse di lavoro e cerca di risolvere crescenti problemi in una realtá dove il lavoro subordinato classico si confronta con nuevos forme di attivitá, como il telelavoro o smart work, il crescente lavoro via applicazioni, le interferenze dell’intelligenza artificiale, l’azione sindacale spesso mescolata alla politica e via dicendo.  

Oggi celebro la conclusione di un’opera che iniziammo 10 anni fa con il collega Alejandro Castello, che vuole presentarsi con un trattato di Diritto del Lavoro in quattro volumi con l’obiettivo di rispondere a domande attuali delle relazioni industriali: quali sono le tutele dei lavoratori tradizionali?, como catalogare il lavoro semi-autonomo di applicazioni como Uber?, si giustifica un sindacato ancorato nel passato che deve risolvere problemi legati alle nuove tecnologie?, como equilibrare i diritti degli uomini a quelli delle donne in settori ancora con forte distriminazione di sessi?

Nel primo volume, dopo una introduzione sulle trasformazioni dei modi di produzione dagli inizi del secolo scorso ad oggi, si esaminano aspetti relativi ai principi della disciplina, i diritti fondamentali dei lavoratori e dei datori di lavoro, le regole internazionali raccolte dalla OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), gli aspetti diversi del contratto di lavoro e le sue derivazioni sotto la pressione delle nuove tecnologie (telelavoro, franchising, staff-leasing, etc.), per chiudere sulla legittimitá e i limiti del potere di direzione.

Il secondo esamina la regolamentazione del diritto individuales del lavoro (la giornata lavorativa, il salario, le ferie, la tredicesima, i contributi fiscali, etc.) per chiudere con lo studio del licenziamento, como atto unilaterale con il quale il datore di lavoro recede dai contratti di lavoro e le motivazioni che possono esserci all’origine di tale decisione.

Il terzo volume raccoglie i capitoli dedicati ai cosiddetti “contratti di lavoro speciali” (professionisti, venditori e commessi viaggiatori, lavoro agricolo e domestico, etc.), per poi trattare argomenti relativi all’Ispezione amministrativa e al processo del lavoro.

Il quarto volume – il piú esteso di tutti – esamina il complesso argomento del diritto sindacale, cioé quella branca del diritto del lavoro che studia la figura del lavoratore da un punto di vista collettivo, e i cui tre temi principali sono le organizzazioni sindacali e di imprenditori, lo sciopero e il contratto collettivo di lavoro. Indubbiamento in quest’ultimo volume è presente con forza il pensiero degli autori italiani, in quanto i sistemi sindacali dell’Italia e l’Uruguay sono molto simili e raccolgono anche comuni origini dall’anarchismo sindacalista di fine del secolo XIX e inizio del secolo XX, quando molti fuoriusciti anarchici italiani approdano alle sponde del Rio de la Plata. Quindi il testo attinge al pensiero di giuristi come i citati Gino Giugni e Marco Biagi, ma altri illustri specialisti italiani come Santoro Passarelli, Giovanni Tarello, Umberto Romagnoli, Franco Carinci, Edoardo Ghera e tanti altri. 

Non voglio stancarvi di troppo su questi argomenti, ma la mia riflessione conclusiva è che nel Diritto del lavoro – e voglio credere che quest’opera ne da atto – si trovano tanti punti in comune tra il mondo giuridico italiano e quello uruguaiano, che é bene señalare e conoscere, perché in tal modo si contribuisce alla costruzione di una unitá di pensiero tra la nostra grande Italia e l’Uruguay, paese di piccole dimensioni, ma senza dubbio il primo della classe nell’ampio contesto latinoamericano. 

JUAN RASO