di MIMMO CARRATELLI

In questa valle di lacrime azzurre, mentre siamo al nono posto di tutte le valli di lacrime, non vale versare una lacrima per l’assenza di Osimhen a Firenze, e chissenefrega, in un match che vale addirittura la partecipazione alla prossima Conference League, il torneo europeo per delusi e sbandati.
Fiorentina-Napoli, penultimo martirio di questo campionato, inorgoglisce la squadra viola che nella Conference League ha già giocato una finale, perdendo dal West Ham, e ne giocherà un’altra a fine maggio contro l’Olympiakos ad Atene.
Escluso dal paradiso terrestre della prossima Champions, il Napoli dà poca importanza alla Conference, ritenendola una “diminutio” della sua gloria smarrita. Si prevede, quindi, che in questo anticipo di venerdì 17, data esemplare per questa stagione azzurra, la Fiorentina giocherà con più ardore per guadagnarsi la seconda finale dei “conferenzieri”, onorifico traguardo delle sue ambizioni europee.
Il Napoli che ha fallito più di una gara per acciuffare la prossima Champions, a digiuno di vittorie da cinque turni (due sconfitte e tre pareggi), darà a Firenze il minimo sindacale delle sue residue forze di combattimento e voglia di giocarsela contro una Fiorentina al galoppo nelle ultime quattro partite (tre vittorie, una sconfitta), per giunta avversario che nelle ultime esibizioni ha assestato agli azzurri memorabili schiaffoni.
La sfida si illumina, per così dire, della presenza di Vincenzo Italiano sulla panchina toscana vantando l’interesse del Napoli per la sua persona e il suo gioco arrembante, destinato però a cedere il passo ad altri tre allenatori corteggiati da De Laurentiis all’inseguimento di Conte, Gasperini e Pioli.
Si cercano motivi occasionali di esultanza per questo Fiorentina-Napoli di fine stagione. Si stenta a trovarne nella squadra azzurra che si è dimessa da tempo dal campionato e da se stessa. I viola, invece, all’ultima gara sul loro campo (concluderanno il campionato a Cagliari nel prossimo turno), vorranno congedarsi dai tifosi con una serata di gloria timbrando l’undicesima vittoria casalinga contro un Napoli pur sempre campione d’Italia anche se in disarmo.
In queste condizioni, parlare di formazioni, tattiche e previsioni è puramente inutile. Il Napoli di Calzona, giocando in trasferta, ha raccolto appena una vittoria, a Monza, tre pareggi e una sconfitta col suo andamento lento. Si teme che, a Firenze, questo Napoli allo sbando potrà incassare, senza battere ciglio e battersi il petto, la dodicesima sconfitta nell’obbrobrio di 57 punti dilapidati da tre allenatori, raccogliendo 35 punti in meno dell’anno scorso glorificato dallo scudetto. Un crollo inimmaginabile pure in tempi di crisi climatica.
Si pensa già al futuro cercando l’allenatore della riscossa, un assoluto demonio nello spogliatoio, e quei quattro, cinque giocatori di sostanziosa presenza che rilancino il Napoli cancellando questa stagione di resa incondizionata.
Per il momento De Laurentiis mantiene il più rigoroso silenzio, ma sta lavorando sott’acqua. A campionato finito, quando emergerà in tutta la sua imponenza, svelerà l’impalcatura del nuovo Napoli e anche i bambini faranno oh.