di MARIO PICCIRILLO
ROMA – Non ci fosse stato lui, il Principe Charles di Monaco, a stuzzicare l’emozione di chi ronfava sul divano, mentre il Gran Premio di Monte-Carlo s’attorcigliava sempre uguale tra i soliti tornanti e panorami del Principato. Non ci fosse stato Leclerc in testa a quel trenino immutabile, una ordinata fila indiana. A scrivere una poesia sulla gara più noiosa degli ultimi anni, con le prime 10 posizioni sempre uguali per 78 giri su 78, e poi una soporifera partita a scacchi tra scuderie bloccate vicendevolmente dalla tattica altrui. Ecco, oggi senza Leclerc, Liberty Media starebbe celebrando il funerale della sua gara più iconica. Una non-gara. Più che altro una sfilata. E’ il giudizio unanime della stampa internazionale, soprattutto quella meno intenerita dal successo del pilota Ferrari a casa sua, dopo 2 anni e una maledizione da sfatare.
Eccolo, il tema laterale. Ne scrive su El Mundo Antonio Lobato: “Anni fa, i piloti di Formula 1 dovevano essere ragazzi duri, con caratteri forti, personalità temibili che esigevano rispetto nel trattamento e diffondevano paura intorno a loro. Uomini senza dubbi né crepe, incapaci di riconoscere gli errori perché era loro vietato fare concessioni o mostrare qualsiasi tipo di debolezza. Personaggi sempre costretti a esibire una forza indistruttibile, una fiducia cieca in sé stessi e a fingere di non aver bisogno della presenza di nessuno, di bastarsi da soli. Personaggi solitari. Oggi la storia è cambiata. Charles Leclerc è capace di deliziare tutti con una guida perfetta per le strade di Monaco e allo stesso tempo di essere umano, vicino, vulnerabile, sensibile, emotivo. Un pilota dal volto sorridente, dal gesto dolce, forgiato con l’aiuto di allenatori e psicologi per far emergere tutto il suo talento nei momenti facili, ma anche in quelli difficili”.
Il fatto che Monaco sia ancora un circuito in cui conta la guida, più che la macchina, importa a pochi ormai. Il GP di Monaco è stato vinto per ben 48 volte da piloti che poi, prima o dopo, sarebbero diventati campioni del mondo. Leclerc non c’è ancora, ma chissà. Il punto è che se la F1 vuol vendersi per lo spettacolo, questo latita ed è chiaro che le cose non vanno. A Monaco si va pianissimo. Ad un certo punto Leclerc girava 12 secondi più lento della sua stessa pole position. In un altro giro, era quattro secondi più lento di Bottas, in quel momento 16esimo. Vanno cambiate – ancora, di nuovo – le regole? È in corso un dibattito nel mondo della F1: adattare Monaco al prodotto o valorizzarlo per quel che è, un circuito storico da sfilata e poco più? Meno male che c’è Leclerc, almeno per stavolta.