SARAJEVO - L’Ambasciata d’Italia a Sarajevo ha ricordato, a trentuno anni dalla scomparsa, i volontari Sergio Lana, Guido Puletti e Fabio Moreni, che persero la vita a Gornji Vakuf, nel Cantone della Bosnia Centrale, durante una missione di soccorso umanitario, il 29 maggio 1993
I tre operatori di pace si trovavano a bordo di un convoglio di aiuti partito da Brescia e diretto alle città di Vitez e Zavidovici, allo scopo di creare un corridoio umanitario in una Bosnia Erzegovina falcidiata dalla guerra, quando vennero assaliti e barbaramente assassinati da una unita’ paramilitare bosniaca. All’eccidio riuscirono a scampare altri due volontari che facevano parte della stessa spedizione, Agostino Zanotti e Christian Penocchio. Venne riconosciuto responsabile dell’azione criminale – peraltro dai contorni mai del tutto chiariti – Hanefija Prijic (il comandante “Paraga“), che guidava il gruppo di miliziani.
“Analogamente a quanto accadde agli altri cittadini italiani uccisi durante il conflitto in Bosnia Erzegovina (militari, cooperanti, giornalisti, etc), la drammatica vicenda di Sergio Lana, Guido Puletti e Fabio Moreni”, sottolinea l’Ambasciata, “richiama lo straordinario movimento di solidarietà che dall’Italia si è riversato nei territori dell’ex Jugoslavia per soccorrerne le popolazioni vittime degli atroci conflitti di dissoluzione del Paese. L’impegno della società civile italiana in Bosnia Erzegovina prosegue tuttora intensamente con iniziative di grande valenza sociale ed umanitaria, spesso con il diretto supporto della Cooperazione allo sviluppo italiana”.
Di “esempio fulgido di una vita spesa al servizio degli altri”, ha parlato l’ambasciatore Di Ruzza, per il quale “il sacrificio di Sergio, Guido e Fabio rappresenta stella polare per tutti coloro che si impegnano a favore della stabilizzazione e della riconciliazione in Bosnia Erzegovina a tutela della sua tradizione multietnica e pluriculturale“. Di Ruzza ha rammentato come in coincidenza della trentesima ricorrenza degli accadimenti, su iniziativa della stessa Ambasciata, le massime autorità civili e religiose del territorio, unitamente ai familiari e agli amici della vittime e a espressioni della locale società civile, si erano raccolte per la prima volta in un ricordo collettivo dei volontari uccisi: un segnale forte e toccante sulla strada della pacificazione, che costituisce tappa imprescindibile del cammino europeo del Paese balcanico, di cui l’Italia è convinta fautrice.