Questo è l’ultimo weekend dell’anno in cui gli italiani lavorano per il Fisco il cui gettito, per il 2024 dovrebbe essere di 909,7 miliardi di euro. Dal 3 giugno, per la Cgia, scatta il cosiddetto “giorno di liberazione fiscale” un traguardo importante, anche se puramente simbolico. Ma il carico fiscale continua a gravare, sebbene quest’anno la pressione delle tasse sia destinata a scendere dello 0,4% rispetto al 2023. Per il 2024 sono stati necessari 154 giorni di lavoro (sabati e domeniche inclusi) per adempiere a tutti i versamenti fiscali. Rispetto al 2023, quest’anno ci “liberiamo” dal fisco un giorno prima, anche se da calendario sono due, poiché il 2024 è un anno bisestile.
Se per coloro che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo il “tax freedom day” è una scadenza idealmente da festeggiare, per chi, invece, non le paga o lo fa sporadicamente è un giorno come un altro. In questo ultimo caso ci sono, ad esempio, i lavoratori completamente o parzialmente irregolari che, secondo una stima dell’Istat riferita al 2021, sono almeno 2,8 milioni.
In termini assoluti le regioni che ne contano di più sono la Lombardia (439.500 unità irregolari), il Lazio (366.200) e la Campania (308.200). Se, invece, facciamo riferimento al tasso di irregolarità, le regioni del Mezzogiorno sono quelle più interessate da questa piaga. La Calabria, ad esempio, presenta una quota del 19,6%, la Campania del 16,5, la Sicilia del 16 e la Puglia del 14,4.
La media italiana è sull’11,3%. Secondo il Def, la pressione fiscale nel 2024 è del 42,1% del Pil, in calo dello 0,4% rispetto al 2023. Al netto dei contributi previdenziali, se analizziamo il gettito 2021 delle principali imposte, le più “pagatrici” sono la Lombardia (87,9 miliardi di euro), il Lazio (43,5), l’Emilia Romagna (34,2) e il Veneto (33,8). L’Italia con il 42,5% continua ad avere un livello di pressione fiscale tra i più alti in UE. Nel 2023 solo Francia, Belgio, Danimarca e Austria hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro. Se a Parigi la pressione fiscale era al 45,8% del Pil, a Bruxelles era al 45,3%, a Copenaghen al 44,5% e a Vienna al 42,9%. Tra i 27 dell’UE, l’Italia si è “piazzata” al 5/o posto. La Germania, invece, al 10/o con il 40,6 % e la Spagna al 13/o con il 37,8%. La media dei Paesi europei è stata del 40,3%; 2,2 punti in meno della media italiana.