di BRUNO TUCCI
Chi lo avrebbe mai detto, alla vigilia delle elezioni Europee, che Giuseppe Conte avrebbe rischiato la poltrona di presidente dei 5 Stelle? Possibile? Adesso lo è dopo il tonfo delle elezioni. “Un risultato deludente”, lo definisce lui. L’aggettivo più appropriato è “sconfortante”, se è vero come è vero che il movimento dal 32 per cento dei consensi è precipitato al 10. Anche la fortuna gli ha voltato le spalle: si è fermata al 9,99 senza così raggiungere la doppia cifra. Sarebbe cambiata la situazione? Assolutamente no, però certe volte un numero invece che un altro possono salvarti dal precipizio.
L’ex capo del governo è in discussione? Se prima del voto dell’otto e il nove giugno nessuno lo avrebbe potuto pensare, oggi la sommossa dei grillini non è più sotterranea. I contrari al suo operato aumentano, non sono più soltanto tre o quattro a sostenere che bisogna cambiare. Il primo a farne le spese sarebbe proprio Conte. Le più agguerrite sono due donne, due ex sindaco di Torino e Roma: Chiara Appendino e Virginia Raggi. Le quali conducono la danza, ma non sono le sole.
Certe volte la cabala previene gli avvenimenti. Alla fine di maggio, durante un comizio organizzato dalle femministe del movimento, per fare lo spiritoso l’avvocato aveva esclamato: “Sono pronto a farmi da parte in onore di una donna”. Ora il fato ha raccolto quell’avvertimento e può darsi in effetti che Conte possa lasciare il suo scettro ad una rappresentante del gentil sesso. Che cosa si imputa principalmente al numero uno dei 5Stelle? Di aver rivoluzionato l’idea primaria con cui si era fatto nascere quello che oggi si potrebbe definire un partito (Anche se la vecchia guardia ha tolto dal vocabolario questo termine).
Tolto di mezzo Grillo (pure se a parole non lo si dice mai), lui è diventato a tutti gli effetti il dominatore della situazione. Contornandosi immediatamente di collaboratori fedelissimi che mai lo avrebbero tradito. Non più dunque “uno vale uno”, un principio fuori del tempo. Regole nuove che mettevano nel cassetto quanti avevano voluto la nascita del grillismo. Per due volte primo inquilino di Palazzo Chigi, Conte, una volta licenziato da quel trono, ha cominciato a organizzare la sua vendetta. Proprio partendo dai 5Stelle. In che modo?
Spingendo sempre più il movimento verso sinistra. Perché? Voleva essere lui e non il Pd l’uomo con cui la maggioranza avrebbe dovuto trattare, nessun altro. Con Elly Schlein, eletta a sorpresa segretario dei dem, un “gentleman agreement”, nulla più.
All’apparenza un’amicizia che non avrebbe dovuto avere una lunga durata. Proprio perché i 5Stelle e non altri dovevano essere la prima forza dell’opposizione. Il presidente dei grillini aveva dimenticato un particolare importante: i risultati di una competizione. Principio sacrosanto che solo il popolo può sostenere o cambiare.
Una discesa lenta, ma inesorabile. I suoi “discepoli” non mostravano di essere adeguati, cominciavano le prime contestazioni, i primi sussurri, prima sottobanco, poi alla luce del sole. Le elezioni Europee potevano rappresentare la cartina di tornasole? Tempo al tempo, senza fretta. Ma il flop disastroso delle scorse elezioni ha fatto perdere la pazienza a molti.
Cinque punti in meno, quasi una disfatta. Guerra allora e guerra sia. Il primo a chiedere le sue dimissioni è stato Casaleggio junior, un nome di non poco conto se ricordiamo che cosa ha rappresentato per i 5Stelle il padre.
E’ solo un periodo infelice, ma breve quello di Giuseppe Conte oppure è cominciato un triste declino che lo metterà fuori dalle persone che valgono e dispongono?
I prossimi mesi o addirittura le prossime settimane saranno determinanti. La verità è che Giuseppi non piace più nemmeno ai comunisti di una volta. Leggiamo cosa scrive in prima pagina l’Unità, a firma del suo direttore Piero Sansonetti: “Conte è un avvocato senza popolo. Non esiste più”. In che modo risponderà il due volte presidente del consiglio a parole così amare?”