di BRUNO TUCCI

La piazza si trova nel cuore di Roma, a poche centinaia di metri dall’Altare della Patria. E’ dedicata ai Santi Apostoli, ma da pochi giorni la sinistra preferisce  chiamarla “campo unito” (non campo largo, per carità porta male).

E’ qui che la sinistra, per una volta insieme ha voluto fare le prove di coesione e dare un forte segnale al governo di Giorgia Meloni.

Ricordando Elly Schlein, si dovrebbe dire: “Stai attenta, stiamo per arrivare”.

La manifestazione si è svolta nello stesso giorno in cui al Senato veniva approvato il premierato e si discuteva dell’autonomia differenziata prepotentemente difesa dal ministro Calderoli.

A dire il vero, l’iniziativa ha avuto un buon  successo, al di là di qualsiasi previsione. Gli organizzatori  avevano scelto una piazza non troppo grande per

paura che si parlasse di un altro flop dopo quello delle europee. Invece, ogni previsione è stata smentita: tanta gente, centinaia di bandiere tricolori e la soddisfazione di sentire finalmente una parola unica.

Che cosa vuol significare questo? Che l’opposizione abbia finalmente capito che da soli non si arriva da nessuna parte? E’ così se l’iter dovesse continuare.

Forse Giorgia qualche preoccupazione dovrebbe pur  averla, ma dalla sua parte ci sono i precedenti che dovrebbero farle dormire sonni tranquilli. Da sempre

il Pd (cioè, il maggior partito dei contrari all’esecutivo) è dilaniato dalle correnti e ne sa qualcosa il segretario che siede in via del Nazareno. Ha dovuto sudare

le proverbiali sette camicie per trovare un accordo che per il momento ha placato gli animi degli uni controgli altri.

Il successo delle europee (indubbio sotto tutti i punti di vista) ha dato forza ad Elly che ha ricominciato a tessere la tela dell’opposizione. In che maniera?

Nell’unico modo possibile per dar fastidio e insidiare l’esecutivo. Il programma segreto (se così si vuol chiamare) ha due appuntamenti importanti: il referendum, se ad esso ci si dovesse rivolgere per verificare che cosa ne pensiamo gli italiani della “madre di tutte le riforme” e la conseguente sconfitta di Giorgia, visti i precedenti di Renzi. Una volta messo in minoranza Matteo dovette lasciare Palazzo Chigi e ebbe inizio il suo declino.

La Meloni ha già affermato che anche in caso di una sconfitta, lei non lascerebbe Palazzo Chigi. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Quali obiettivi potrebbe

raggiungere se le andasse male il progetto che ritiene di fondamentale importanza per il futuro del Paese?

Certo, potrebbe andare avanti, ma non cambiare il volto dell’Italia. Ricordate che cosa disse in uno dei suoi ultimi comizi prima delle elezioni politiche del 2022?

“La pacchia è finita” e forse anche per lei se il referendum dovesse essere respinto dalla maggioranza degli italiani.

Ecco, duque, quali sono gli obbiettivi della Schlein da oggi in poi. Riunire le opposizioni per dare poi il colpo definitivo alla maggioranza di governo. A parole,  tutto sembra essere facile, ma poi, al dunque, le difficoltà non saranno così semplici da superare. Soprattutto fra Pd e 5Stelle. Giuseppe Conte digeririrà il rospo di essere il numero due della coalizione?

Avrà abbandonato la voglia matta di essere lui l’interlocutore che dovrà discutere con l’esecutivo? E poi le differenze abissali che separano le due forze in politica estera. La Schlein a difesa dell’Ucraina e contro qualsiasi tentativo di una resa senza condizioni. L’invio delle armi a Zalewski che Conte vuole interrompere.

Insomma, una serie di problemi che renderanno assai complicato il cammino del campo unito. La prima prova da superare, le elezioni, meglio il ballottraggio, di città importanti come Bari, Firenze, Perugia. La sinistra, tutta insieme, sarà suffragata dal voto o si dovrà ricominciare da capo?