Bill e Hillary Clinton appoggiano Kamala Harris.
"Siamo onorati di unirci al presidente nell'appoggiare la vicepresidente e faremo qualsiasi cosa per sostenerla", affermano in una nota.
"Uno dei presidenti più importanti della storia americana". Nancy Pelosi saluta così l'annuncio del ritiro di Joe Biden.
Il Cremlino seguirà da vicino la situazione relativa alle presidenziali Usa, ma il loro esito non è una priorità assoluta per Mosca poiché il suo obiettivo è raggiungere gli obiettivi dell'operazione militare speciale in Ucraina: lo ha detto il portavoce russo Dmitri Peskov commentando l'annuncio di Biden. "Mancano quattro mesi alle elezioni. E' un periodo lungo nel quale molto può cambiare. È meglio seguire da vicino ciò che accadrà dopo", ha aggiunto Peskov.
Biden getta la spugna e si ritira dalla corsa alla Casa Bianca, appoggiando la Harris come sua sostituta per "battere Donald Trump". Dopo settimane di passione e di pressing da parte del partito, il leader americano ha annunciato in una lettera postata a sorpresa su X il suo passo indietro, dopo aver assicurato fino a qualche ora prima che non avrebbe mollato. "E' stato il più grande onore della mia vita servire come presidente. E anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese ritirami e concentrarmi solamente sui compiti da presidente per il resto del mandato", ha scritto Biden nella missiva indirizzata agli americani, ai quali parlerà la prossima settimana per spiegare le motivazioni del suo ritiro.
Il pressing sul presidente è iniziato dopo la sua disastrosa performance al dibattito tv con Donald Trump del 27 giugno. Da allora è stato un crescendo di richieste. Dall'ex speaker della Camera Nancy Pelosi all'ex presidente Barack Obama, passando per i leader del Congresso Chuck Schumer e Hakeem Jeffries. Una pressione divenuta insostenibile con il passare dei giorni. Il Covid che lo ha poi costretto all'isolamento negli ultimi giorni, strappandolo alla campagna elettorale, è stato il colpo definitivo, mostrando un presidente fragile e debole e rafforzando l'idea che le sue chance di vincere in novembre fossero ormai ridotte al lumicino.
Durante l'isolamento a Rehoboth Beach, nella sua casa al mare del Delaware, Biden ha riflettuto nella sua solitudine. E solo questa mattina ha comunicato al suo staff la sofferta decisione di ritirarsi: fino a sabato infatti il presidente aveva pubblicamente annunciato di essere determinato a continuare a correre, o quantomeno ad attendere la visita a Washington del premier israeliano Benyamin Netanyahu. I due leader dovrebbero incontrarsi martedì alla Casa Bianca, mentre mercoledì Netanyahu è atteso intervenire in Congresso.
Schumer ha lodato il passo indietro del presidente, definendolo un "grande patriota". L'ex capo dello staff di Biden Ron Klain invece ha puntato il dito contro i "donatori che hanno spinto fuori dalla corsa l'unico candidato che ha mai battuto Trump". Mentre l'ex presidente e ormai anche ex rivale verso novembre non ha perso un minuto per attaccare Biden e l'establishment che l'ha avuta vinta e lo ha spinto a lasciare.
"Il disonesto Joe Biden non era idoneo a candidarsi alla presidenza, e certamente non è idoneo a servire - e non lo è mai stato! Ha raggiunto la posizione di presidente solo grazie a bugie, notizie false e senza lasciare il suo seminterrato. Tutti coloro che lo circondavano, compreso il suo medico e i media, sapevano che non era in grado di essere presidente, e non lo era", ha tuonato Trump sul suo social Truth. Lo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha chiesto invece a gran voce le dimissioni immediate di Biden dalla presidenza perché "se non è in grado di correre, allora non è in grado neanche di servire da presidente".
I riflettori ora sono tutti puntati su Harris, la vicepresidente mai tanto amata dal suo partito e dagli elettori e che ora è la candidata in pole, se le varie anime del partito democratico non le faranno la guerra. Uno dei primi e maggiori nodi da sciogliere è chi sarà il suo vice. Alcuni donatori dem hanno già iniziato a finanziare un processo di valutazione dei possibili numeri due. Nella lista dei papabili ci sarebbero i governatori della Pennsylvania Josh Shapiro e del Kentucky Andy Beshear. L'interesse però è anche sui governatori della North Carolina Roy Cooper e del Michigan Gretchen Whitmer, ma anche sul senatore dell'Arizona Mark Kelly. Molti fra i democratici sognano un ticket tutto al femminile con Harris e Whitmer, altri invece temono che sia troppo rischioso perché l'America non potrebbe essere pronta a un presidente e un vicepresidente donna. Da stasera per l'America inizia un'altra campagna elettorale.