di ENZO GHIONNI

Nel rapporto sullo Stato di diritto in Italia redatto in sede europea da una commissione, la situazione dell’informazione in Italia è stata ritenuta a rischio medio. Infatti, nella relazione diversi fattori erano stati ritenuti tali da comportare delle criticità con evidenti ricadute in termini di libertà di stampa. La concentrazione dei media con particolare riferimento ad alcuni grandi gruppi editoriali, la gestione poco pluralistica della Rai, l’anomala distribuzione di risorse all’interno del comparto dell’informazione, le norme in tema di divieto di pubblicazione di atti giudiziari con sanzioni penali. Il rischio, come detto, rilevato nella Relazione è medio e tutto sommato la premier avrebbe potuto ben difendersi sostenendo che i vizi dell’informazioni italiana sono storici, i maggiori giornali sono da sempre roba per potenti, il recinto dell’editore puro è ridotto a poche cooperative di giornalisti che da decenni combattono contro chi le vorrebbe morte, tutti i Governi hanno sempre tentato di occupare militarmente la Rai e per quanto concerne il carcere ai giornalisti la storia di Giovanni Guareschi e Lino Iannuzzi andrebbe ricordata più spesso. Il Presidente del Consiglio dei ministri invece non ha detto nulla di tutto ciò e ha contestato in toto i rilievi mossi. Nonostante il Governo stesso pare abbia poco partecipato nella fase di interlocuzione che vi è stata tra gruppo di lavoro ed istituzioni italiane. Ma, cosa ben più grave, ha attaccato a testa bassa alcuni giornali definendoli portatori di interessi e, pertanto, faziosi. Un leader di un Paese democratico non può mai permettersi di additare un giornale in quanto gli è contrario. Le liste di proscrizione non appartengono alla cultura occidentale moderna e nessuna concessione può essere fatta su atteggiamenti del genere. Se l’informazione non è libera, se è condizionata a interessi di parte che possono orientare il decisore politico il Parlamento deve fare delle leggi per garantire la tutela della libertà dell’informazione, dell’autonomia e della sostenibilità economica del pluralismo. Tutti i giornali hanno diritto di esistere perché ogni opinione è legittima.