di FRANCO MANZITTI
Genova suspence. Ce la farà Marco Bucci a vincere in poco più di un mese e dieci giorni la sua sfida per conquistare la Regione Liguria, dopo avere conquistato e dominato il Comune, e non solo, per sette anni di fuoco e fiamme? Ma la sfida ha un prezzo enorme per questo ex dirigente, laurea in chimica, 65 anni, carriera in Usa e poi a “Liguria Digitale”, sindaco dal 2017.
Lo chiamano “o sindeco ch’o cria” per i suoi toni alti o “il sindaco del ponte” per avere ricostruito in 18 mesi il ponte Morandi, crollato sciaguratamente insieme alla dignità, all’onore e quasi alla sopravvivenza di Genova, come era per colpa delle malefatte autostradali della famiglia Benetton.
Come Bucci ha scoperto il tumore in bocca
“Ho sentito una pallina sotto la mandibola, credevo che fosse niente e invece era un linfonodo tumorale ingrossato, ha raccontato a Marco Imarisio de “Il Corriere della Sera”, ne avevo trenta ingrossati, me li hanno tolti tutti con un’operazione tre giorni dopo la prima visita, il 3 giugno”, racconta secco e lucido, parlando della sua malattia.
Che è il tema sul quale ora che è stato incoronato candidato tutta Genova e non solo si interroga, tra l’ammirazione e il timore per la sua salute indebolita così.
“Cancro metastatico alle ghiandole linfatiche nel collo. Mi hanno fatto un taglio di oltre trenta centimetri. Tanto per cominciare. Oggi le cure continuano”, descrive senza risparmiare un particolare.
Ha affrontato il primo ciclo di radio terapia, facendosi anche fotografare sotto la macchina, nell’Ospedale san Martino, per dimostrare come combattere questa malattia
Ora però deve affrontare la campagna elettorale per il 27, 28 ottobre, una campagna velocissima, radente, pericolosa.
“Se duro tre anni, dovrò smettere prima di finire il mandato, sostiene con un pragmatismo quasi ironico, sorridente, se duro cinque anni concluderò il mandato. Se duro dieci gli ultimi cinque li uso andando in barca a vela.”
Questo è oggi Marco Bucci, sindaco e candidato per coraggio suo e per disperazione della coalizione di centro destra, che ha costretto Giorgia Meloni a convincerlo con due telefonate in due giorni ad accettare la sfida per la quale i partiti del governo italiano non trovavano la quadra.
La candidata Ilaria Cavo, totiana di ferro, parlamentare di “Noi moderati” era troppo totiana e testimone nel processo che dal 7 novembre giudicherà il suo capo.
Il candidato Edoardo Rixi, leghista, era viceministro alle Infrastrutture, figura chiave per Genova nel governo e poi, se lo avessero eletto, cancellava la casella che Salvini vuole tenersi per il prossimo candidato alle elezioni regionali in Veneto.
Pietro Piciocchi, il vicesindaco di Bucci, un avvocato molto efficiente e un po’ integralista, non aveva ancora un carisma forte.
E allora tutti a spingere per la soluzione impossibile. Marco Bucci, ferito dalla malattia, ma pur sempre un caterpillar di volontà determinazione e in questo caso anche coraggio.
Hanno spinto in tanti, soprattutto da Imperia Claudio Scajola, il sindaco di quella città, ridiventato uno spin doctor di Forza Italia, che soffia dietro Antonio Tajani e di cui Bucci si fida ciecamente.
Il Bucci, come lo chiama la moglie, preoccupata ma orgogliosa, è debole, ancora debolissimo, ma ha la testa dura e quando si è messo in testa una cosa non cambia idea, neppure davanti ai medici, ai figli che lo supplicavano di non andare, di continuare a fare il sindaco e di centellinare le energie.
Niente da fare, sulle scale della Prefettura di Genova il Bucci ha confermato davanti a uno stuolo di giornalisti la candidatura e ha dato battaglia subito, frontalmente.
La polemica
con i giornalisti di Genova
Intanto contro i giornalisti de “Il Secolo XIX”, accusati di falsare la verità e quindi ai quali ha deciso di non rispondere, scatenando una reazione forte e anche sindacale.
I giornalisti con la direzione del quotidiano genovese in un editoriale molto puntuto firmato da Stefania Aloia, lo hanno accusato di non voler rispondere alle domande scomode, lesionando così il diritto all’informazione.
Vecchia contesa, che sta dividendo la testata storica genovese, in procinto di cambiare proprietà e direzione, dall’establishment di tutto il centro destra.
Con una energia che non era prevedibile, il sindaco ha spiegato il perché di una scelta sicuramente sofferta, presa a due mesi da un rifiuto secco.
Non si può lasciare la Liguria e, quindi indirettamente anche Genova, nelle mani di “quelli che governavano prima”, per trenta anni, facendo trionfare il partito dei no allo sviluppo, alle grandi opere, allo slancio che Genova e la Liguria hanno ripreso, grazie a Toti e a Bucci.
Visione molto assoluta e in parte anche ingiusta, ma sulla quale sia Toti che Bucci insistono da sempre.
Così la nuova sfida si è subito polarizzata, anche perchè l’avversario già schierato di Bucci, Andrea Orlando, l’ex ministro del Pd, ha risposto per le rime e tutta la dirigenza dem ha accusato il nuovo candidato di avere “tradito” Genova, lasciando la carica di sindaco a tre anni dalla fine del suo secondo mandato, abbandonando il suoi elettori nel guado.
Controrisposta di Bucci: se vinco in Regione spingerò ancora di più per Genova, ma anche per la Liguria, soprattutto le grandi opere che abbiamo impostato.
Quel che mi resta da vivere per la mia regione
Bucci vuole spendere i suoi prossimi incerti anni per la sua Regione.
Gesto di coraggio e estrema resilienza, che, però, scoperchia completamente non solo la Liguria, in un confronto inatteso.
Con questo atto si apre di fatto una seconda campagna elettorale, quella per eleggere il successore di Bucci a Tursi, che in caso di vittoria, il 28 ottobre, si dimetterà, aprendo la crisi comunale, affidando il Comune al reggente, il suo vice, appunto Pietro Piciocchi e lanciandolo verso la candidatura nelle elezioni comunali prevedibili nella primavera del 2025.
Un cataclisma politico con molte variabili. Soprattutto una doppia sfida che il centro sinistra pochi mesi fa non si aspettava, con Toti in sella prima dello scandalo e Bucci in carica fino al 2027.
Quindi sfida non solo per il Bucci più forte della sua malattia, ma per il campo largo, larghissimo, o ristretto, del centro sinistra che se ha già trovato la soluzione regionale, oggi deve immaginarsene anche una comunale, che in tasca certo non ha.
Chi correrà contro il probabile candidato di centro destra Pietro Piciocchi, rinforzato da qualche mese di reggenza?
Centro in confusione a Genova
La mossa Meloni-Bucci intanto squassa anche i nani del Centro, Renzi e Calenda, che stavano meditando di entrare nel campo largo, appoggiando Orlando.
Ma come fa Renzi a farlo ora, dopo avere sostenuto Bucci in Comune, perfino con un assessore, a passare a sinistra?
Calenda incerto era e incerto rimane, soprattutto con i suoi genovesi che sono la battagliera Cristina Lodi, ex pd di ferro e Pippo Rossetti, figura storica e super assessore delle giunte regionali di centro sinistra?
Ma il Centro è il problema minore di questo sconquasso. Il maggiore riguarda lo scenario che si trova davanti Andrea Orlando, già baciato dai sondaggi che erano usciti prima della mossa Bucci.
Avrebbe vinto e anche con un certo margine sui candidati minori della sfida, secondo quei calcoli e in quel momento, quaranta giorni dalle elezioni. Dopo chissà…..
Ma Bucci è molto più forte. A Genova può fare un pieno di voti, venendo dalla sua popolarità un po’ in calo, ma sempre diffusa, nel levante genovese e soprattutto a Ponente, da Savona a Imperia dove Scajola, sia Claudio, il sindaco imperiese, che Marco, il nipote, assessore regionale con Toti, muovono molte pedine.
La Spezia, terra di Orlando con sindaci di destra
Resta La Spezia, terra di Orlando e tradizionalmente più a sinistra, ma che ha pur sempre ora sindaci di centro destra.
Molto dipenderà dalle mosse genovesi di Orlando, in una città da conquistare, ma che alle ultime elezioni europee aveva dato segnali di controtendenza, facendo riavanzare il centro sinistra.
Non era un caso che Elly Shlein era stata scelta a Genova, caso unico in Italia, non solo dall’apparato Pd prima, ma anche dal popolo nelle sue primarie contro Bonaccini.
Orlando non ha mai avuto molto feeling con la città capoluogo. Era considerato più romano che ligure per la sua lunga carriera ai vertici del Pci, PDS, Ds e poi Pd.
Ma oggi muove pedine importanti, sembra giocare sulla qualità della campagna elettorale, sulla forza di un squadra che lo sta aiutando e dove spuntano nomi forti come Barbara Balzani, ex vice sindaco di Milano, superfiscalista, già assessora a Genova, Federico Berruti, manager, ultimo sindaco di centro sinistra a Savona.
Bucci, invece, deve gestire l’andarivieni nelle liste della sua coalizione, dove sta succedendo un finimondo di passaggi di casacca.
Tra quelli che abbandonavano le liste Toti per correre in braccio a Fratelli d’Italia, a quelli che stavano a bagno maria, dopo il crollo del totismo e ora puntano alla maxilista del candidato nuovo e inatteso, perfino agli ex democristiani, Cinque Stelle, Forza Italia e poi di nuovo a sinistra che fanno la retromarcia per correre sulla zattera di Bucci.
Uno spettacolo indecente, che potrebbe essere il paradigma della politica oggi. Ma Bucci non lo sa o fa finta e seppure con un tono di voce un po’ più basso ha ripreso a urlare nella nuova battaglia, usando i suoi toni e anche un po’ il suo stile senza modulazioni di dialogo con il nemico.
Dove mette anche un po’ troppo violentemente i giornalisti per lui scomodi. In fondo per lui tutto questo è “continuità”.