Gente d'Italia

Tax credit sul cinema: il mercato non basta

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di ENZO GHIONNI

Bruno Vespa in una recente puntata di Porta a Porta si è occupato del finanziamento pubblico al cinema, il tax credit, in relazione alle modifiche al sistema apportate dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano. In sintesi, l’ex ministro della cultura aveva modificato le regole per l’accesso al beneficio ritenendo che le risorse pubbliche spese per i film che non hanno avuto successo non sono utilizzate in maniera corretta. Vespa, nel difendere la decisione dell’ex ministro, ha proposto una serie di tabelle nelle quali ha evidenziato che molti dei film finanziati sono stati pochissimi giorni nelle sale cinematografiche e hanno avuto pochissimi spettatori. E che le risorse destinate ai più importanti sette registi italiani negli ultimi anni sono molto esigue rispetto al totale. In altri termini, Bruno Vespa ha ritenuto che la riforma andasse nella direzione giusta in quanto vanno finanziati i film che hanno successo. La posizione del conduttore di Porta a Porta per quanto di facile apprezzamento popolare a prima vista, anche in assenza di contraddittorio, non può essere condivisa. Il finanziamento al cinema è un sostegno alla cultura e non all’industria, per quanto il settore muova importanti risorse con il suo indotto. Questa sembra una circostanza innegabile. Prendere come riferimento il mercato, ossia l’apprezzamento delle masse in un settore come questo, è un errore imperdonabile. Il finanziamento pubblico serve, anzi, a equilibrare gli squilibri di un mercato che offre poche opportunità alle produzioni cinematografiche di nicchia. Ragionando con la logica del mercato un produttore che ha accesso al contributo pubblico ed ottiene un grande riscontro sul mercato, al cinema e in televisione, potrebbe restituire il contributo stesso, in quanto il mercato gli ha consentito di avere riscontri positivi in termini di reddito. La cultura è fatta di diversità, di minoranze, di innovazione, tutte cose che nulla hanno a che vedere con il mercato. Un prodotto culturale che ha mercato non è necessariamente preferibile ad uno che non ha. Sostenere il secondo significa aprire lo spazio a prodotti che potrebbero, però, produrre effetti sulla formazione, sul dibattito, sulle opinioni e sul mercato stesso nel futuro. Galileo, Copernico e Averroè ai loro tempi non avrebbero avuto mercato.

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