Gente d'Italia

L’ex calciatore Andrea Carnevale e il femminicidio della madre: “Raccolsi il suo cervello e lo portai ai carabinieri che non volevano intervenire”

di GIANLUCA PACE

Intervistato dalla Stampa il giorno dopo la strage di Nuoro, l’ex calciatore e oggi dirigente dell’Udinese Andrea Carnevale ricorda quando il padre uccise la madre. All’epoca Carnevale aveva solo 14 anni. Il padre prese a colpi di accetta vicino a casa a Monte San Biagio in provincia di Latina. Poi l’uomo fu detenuto per cinque anni in un manicomio criminale. Alla fine si tolse la vita proprio davanti al figlio nella stessa casa.

Le parole di Carnevale

“La mia fortuna – racconta Carnevale – è stata che mi sono dato da fare in tutto quello che potevo, anche perché eravamo due fratelli e cinque sorelle, tutti molto giovani, e volevo aiutare. Lavoravo di giorno e mi allenavo di sera, dato che giocavo già a calcio e la mia famiglia era povera”.

“Ho fatto di tutto: meccanico, fabbro, operaio in segheria. La tragedia non mi ha spezzato moralmente, ho chiuso dolore e rabbia dentro un forziere e li ho usati per darmi forza”.

Carnevale oggi invita i ragazzi che possono avere la tentazione di buttarsi via davanti a queste tragedie a “cercare di reagire, anche se è dura, molto dura. Quando mia madre è stata uccisa mi sono messo a testa bassa e sono andato avanti nonostante il dolore: sapevo già che sarei diventato un calciatore, era il mio obiettivo”.

“I segnali c’erano tutti – continua – perché mio padre, che era tornato a casa dopo un anno passato a lavorare in Germania come operaio nelle ferrovie, ha cominciato a mostrarsi sempre più strano e spaesato, e poi a picchiare nostra madre davanti a noi, anche mentre cenavamo insieme la sera. Poteva farlo in qualsiasi momento. Andai dai carabinieri più volte per sentirmi dire che se non vedevano il sangue non potevano farci niente. A casa c’era sempre un clima di terrore, perché da un momento all’altro diventava violento, soprattutto verso mia mamma, che subiva questi scatti d’ira. Per anni mia madre ha preso schiaffi e botte davanti a noi”.

Carnevale dice che il suo “era un paese piccolo, c’era senso di vergogna, oltre alla paura di mia madre che mio padre venisse a saperlo. Si teneva un po’ tutto nascosto. Mia mamma era una donna per bene, ma mio padre si era fissato con l’idea che lo tradisse, una pazzia che si verifica anche oggi. Eppure il maresciallo, in caserma, fu capace di dire che finché non vedeva il sangue non poteva intervenire”.

Poi l’omicidio: “Una mattina mio padre si è svegliato, ha preso l’accetta ed è andato ad ammazzare mia madre mentre stava lavando i panni al fiume vicino casa. Una delle mie sorelle era presente, io stavo giocando a pallone lì vicino. Ho raccolto il cervello di mia mamma nel fiume e l’ho portato alla caserma: “Hai visto che poi è successo?”, ho detto al maresciallo. “Quante volte sono venuto qui, adesso il sangue lo vedi”. Oggi però non ho rancore per nessuno: mio padre era un uomo malato che non è stato curato”.

 

 

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