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L’eccessiva debolezza di Inter e Milan, “sudditi” degli ultras: cosa rischiano i club?

di MARIO PICCIRILLO

ROMA – Non complici. “Sudditi” però sì. Un termine non usato a caso dal procuratore capo di Milano Marcello Viola. Inter e Milan non hanno tesserati indagati nella storiaccia delle infiltrazioni criminali degli ultras negli affari da stadio. Per gli inquirenti restano dall’altro lato della sbarra, per ora “parte lesa”. Il problema è capire quanto abbiano però contrastato l’avanzare prepotente degli ultras.

La procura di Milano ha avviato nei confronti dei due club un “procedimento di prevenzione”: se non dovessero riuscire a dimostrare di non aver subito passivamente, rischierebbero di finire in amministrazione controllata, prevista dall’articolo 34 del decreto legislativo 159/2011. Si tratta di una possibilità remota, ma teoricamente possibile. Si tratterebbe di una misura temporanea (per un periodo non superiore a un anno, ma può essere prorogata di ulteriori sei mesi per un periodo comunque non superiore complessivamente a due anni) che servirebbe all’amministratore giudiziario per provare a recidere gli eventuali legami tra club e criminalità, se questi venissero accertati.

Come già accaduto in passato per la Juventus, anche Inter e Milan si sono rese immediatamente disponibili a collaborare con gli inquirenti. Ma i pm milanesi accusano le società di “carenze organizzative”, soprattutto dell’Inter, nella “gestione dei rapporti con la tifoseria”. La cedevolezza con cui ad esempio furono concessi ai tifosi i biglietti per la Champions League del 2023 è un sintomo evidente di una patologia più grave.

C’è poi il risvolto “sportivo”: il procuratore federale della Figc Giuseppe Chinè ha chiesto ai pm di acquisire l’ordinanza di custodia cautelare e gli atti di indagine non coperti da segreto, per verificare eventuali condotte “rilevanti” anche per l’ordinamento sportivo. Perché per il Codice di Giustizia Sportiva è esplicitamente vietato “ai tesserati di avere rapporti con esponenti di gruppi o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società”. E “in ogni caso tali rapporti devono essere autorizzati dal delegato della società ai rapporti con la tifoseria”. Il rischio in questo caso è la squalifica dei singolo tesserati, con ammende variabili.

 

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