Gente d'Italia

Napoli, il corpo e l’anima di Pulcinella

di ALFONSO RUFFO

L’occasione è troppo ghiotta per non parlarne anche qui: l’installazione a Piazza Municipio del Pulcinella senza testa ideato dall’architetto e designer Gaetano Pesce – scomparso sei mesi fa a New York – divide napoletani e non più di quanto non sappia fare il tifo calcistico. Il che è tutto dire. Alto dodici metri, illuminato dall’interno nella notte, l’oggetto ha l’indubbia forma di un fallo. E su questo, almeno, l’accordo è generale. Ma sulla qualità della proposta artistica e l’opportunità dell’esposizione le interpretazioni e i commenti che fioccano fuori e dentro la rete, vera e propria arena di combattimento, divergono come non mai.
Segno del successo dell’iniziativa, azzarda il sindaco Gaetano Manfredi la finestra del cui ufficio si affaccia sul pupazzo gigante dello scandalo (o sul pupazzo dello scandalo gigante). Un’opera d’arte che si rispetti deve saper suscitare emozioni forti. Colpisce nel segno se fa litigare gli esperti e non lascia indifferenti i cittadini che sono alla fine i veri fruitori dell’offerta culturale. È un bene, dunque, che il pubblico s’interessi alla scelta e dica ciò che pensa. E se sono in moltissimi a partecipare al dibattito è tanto di guadagnato. Napoli, una volta di più, stupisce e fa parlare di sé dentro e fuori le mura. Una nuova spinta al turismo che fiorisce.
La simil scultura, dunque, funziona da catalizzatore a prescindere dal giudizio che se ne può dare. Resta in sospeso però una domanda: è davvero questo l’effetto voluto, desiderato, studiato o non ci troviamo piuttosto nel regno dell’imprevisto? Davvero chi ha pensato di montare il Pulcinella fallico nel luogo più visibile della città aveva in mente di scuotere le coscienze degli osservatori nel modo in cui è accaduto? Era una potente azione di marketing territoriale quella immaginata da committenti e curatori quando hanno dato il via all’operazione che con senso dell’umorismo passa sotto il nome di “tu si ‘na cosa grande”? La risposta a queste domande cambia di molto le cose.
Che ci sia stata o meno consapevolezza del polverone che si sarebbe sollevato, si è avuta l’occasione di misurare una volta di più la fantasia di un popolo che riesce a creare suggestioni con molta probabilità lontanissime dalla stessa volontà dell’autore che aveva lavorato su bozzetti e sulla carta senza aver avuto modo di sperimentare sul campo le sue intuizioni. Inno alla vita? Spinta a fare figli mentre il Paese e l’Europa sperimentano il rischio della caduta delle nascite? Fiducia in un futuro prospero e fortunato? Questo e molto altro è stato attribuito alla maschera senza maschera che così perde anche la connotazione del sesso riuscendo a rappresentare l’umanità.
L’ironia ha comunque preso il sopravvento e questo è un gran bene. In mancanza di interpretazioni autentiche occorre accontentarsi della parola di chi per mestiere ne sa di più, degli addetti ai lavori che forse per solidarietà di casta si sono superati nel cercare significati edificanti anche se il vero artista cattura sensazioni e le restituisce in opere che una volta condivise non gli appartengono più… E, dunque, vai a pescare l’intenzione che c’era dietro. La vita arriva dopo, in virtù dell’anima che deriva dal soffio di chi si affanna a difendere, attaccare, giustificare, condannare le forme e la sostanza che qualcuno da qualche parte ha avuto l’avventura di mettere insieme.

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