di GIADA LO PORTO
Professoressa la disputa continua, adesso alcuni studiosi hanno dedotto che fosse spagnolo ed ebreo sefardita...
«Nell’archivio di Genova ci sono tante testimonianze d’epoca che dicono altro, lui stesso scrive lettere sia ai Fieschi che all’ambasciatore di Genova al quale consegna il suo libro dei privilegi. Scrive al Banco di San Giorgio dove fa riferimento alla patria genovese, gli esempi potrebbero essere infiniti. La genovesità di Colombo è contenuta nei suoi scritti».
E allora quest’analisi dei resti ossei non è veritiera?
«È difficile da credere, in quanto c’è il problema del sapere dov’è esattamente la sepoltura di Colombo perché se la contendono Santo Domingo e Siviglia. Quello che posso dire da storica è che esiste una tale quantità di testimonianze a favore della genovesità che l’andare a cercare attraverso una strada di questo genere, di sostenere altro, è una procedura che mi sfugge. Io mi attengo a quello che so io e che sanno in molti: non si può contestare l’origine genovese di quest’uomo».
Non è la prima volta: negli anni è stato portoghese, polacco, piacentino...
«Non si tratta solo di storia, questo personaggio è un mito, quindi tutti vogliono impossessarsene, desiderano che l’origine sia attribuita a loro e non agli altri. Colombo ha cambiato il mondo, il senso dello spazio e del tempo, perché il 1492 è diventato la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna».
Anche nella stessa Liguria c’è una storica contesa fra Genova, Savona e Cogoleto. Nei suoi anni di ricerca e studio cosa ha scoperto?
«A Savona la famiglia effettivamente c’è stata e i suoi rapporti coi papi savonesi sono molto forti. Però questo non significa che sia un’appartenenza nel senso dell’origine».
Però hanno comparato i resti con campioni di Dna di noti familiari fra cui suo figlio.
«Questo dimostra unicamente che Colombo è il padre e lui suo figlio».