di ROBERTO ZANNI
Non bisogna essere Repubblicani per affermare che gli ultimi (quasi) quattro anni sono stati un disastro negli Stati Uniti. Non solo per l'inflazione, l'economia in generale e l'invasione senza controllo alla frontiera con il Messico. L'amministrazione Biden ha clamorosamente fallito, e non c'è nessuno che può negarlo: se non fosse stato così Donald Trump non sarebbe alla pari o quasi con Kamala Harris. Joe Biden per il tempo che è stato vigile alla Casa Bianca ha ceduto all'ala più sinistra del partito Democratico poi è crollato tra mille gaffe e svarioni, non è riuscito (o chi per lui, forse proprio la Harris?) a tenere stretta l'America, mancando anche una delle grandi promesse che aveva fatto quando era ancora lucido, il giorno dell'insediamento: riunire un Paese completamente spaccato in due. Accusando e insultando dallo scanno più alto degli Stati Uniti l'avversario e chi non stava dalla sua parte è solo riuscito a riportare in auge Donald Trump. Non sono nemmeno serviti i tribunali guidati dai giudici leftist più estremisti a mettere l'ex presidente in un angolo. Al contrario. Diventato Trump talmente pericoloso da costringere i grandi capi dei Dem (Barack Obama, Nancy Pelosi e anche George Clooney, il primo ad ammettere pubblicamente che il vecchio Joe non ci stava più con la testa) a inscenare un vero e proprio colpo di stato: fuori il presidente in carica (che aveva stravinto le primarie) dentro la vice Kamala Harris, mai nessun voto per lei, era stata infatti anche la prima a uscire di scena dal panorama presidenziale dei democratici nel 2020. D'altra parte con tempi così stretti era rimasta l'unica, ecco così il peggior candidato diventare all'improvviso favorito per entrare alla Casa Bianca con tutti gli onori, prima donna mai vista, ma neppure mai sentita visto che di lei si conoscono sono le 'insalate di parole' e le risate sguaiate (anche nelle occasioni meno indicate) per le quali è diventata tristemente famosa. Ma purtroppo c'è un mondo in fiamme (grande responsabilità dell'amministrazione Biden-Harris) tra Ucraina e Medio Oriente, l'America Latina che ribolle soprattutto nel Venezuela, la Cina che osserva e un'Europa sempre un passo indietro. Gli Stati Uniti? I grandi colpevoli e assenti e non sarà certo l'incapacità provata di Kamala Harris su tutti i fronti a ribaltare eventualmente la situazione. E Donald Trump? Il più odiato al mondo ce l'ha fatta a rimettersi clamorosamente in corsa e per questo deve anche ringraziare il nulla che c'è dall'altra parte: la Harris non ha programmi, oppure li crea doppi come per la crisi mediorentale, una soluzione se parla ai musulmani un'altra completamente opposta se invece la platea è più ebraica. Oggi però il cerchio si chiude, in nottata (o più avanti se le previsioni di enorme equilibrio saranno rispettate) gli Stati Uniti d'America avranno il 47º presidente della loro storia: la prima donna o il secondo al terzo tentativo? La Harris ha schierato l'endorsment di un esercito di nomi famosissimi, ricchi hollywoodiani (nessuno però che abbia mai fatto la spesa in un supermercato o anche benzina da solo per capire quanto siano aumentati i prezzi), Trump, miliardario, invece è diventato (con l'appoggio di Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo) il paladino della 'classe operaia', della middle class, della maggior parte di coloro che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Ricchi e poveri schierati in maniera bizzarra, un puzzle che cerca una soluzione, stanotte, quando si deciderà non solo il futuro dell'America: in gioco c'è molto, molto di più.