La Procura Generale di Cuba ha annunciato l'arresto di un numero imprecisato di persone per "disturbo dell'ordine pubblico" in relazione alle proteste scoppiate durante l'interruzione di corrente elettrica di due giorni causata dall'uragano Rafael.
"È in corso un procedimento penale per i reati di attentato, disturbo dell'ordine pubblico e danneggiamento", ha precisato la procura in un comunicato, senza specificare il numero delle persone coinvolte ma aggiungendo che questi arresti sono avvenuti all'Avana e nelle province centrali di Mayabeque e Ciego de Avila.
Ong denunciano 'persecuzioni' contro manifestanti pacifici
Gli arresti di cittadini accusati di "attentato, disturbo dell'ordine pubblico e danneggiamento" nell'ambito di manifestazioni spontanee organizzate in tutto il Paese per protestare contro i blackout elettrici sono "arbitrari" e frutto di "persecuzioni".
Lo riferiscono le Organizzazioni non governative (Ong) Justicia 11J e Cubalex su X.
A confermare l'avvio di procedimenti penali di persone coinvolte nelle proteste era stata la procura generale in un'insolito comunicato stampa divulgato nella notte di sabato.
Le Ong sono al lavoro dallo scorso 7 novembre per risalire all'identità e all'esatto numero di persone catturate (dati non divulgati dalle autorità) in varie località nel corso delle numerose mobilitazioni motivate degli enormi disagi sofferti per gli effetti del passaggio dell'uragano Rafael che ha lasciato al buio l'intero Paese per quasi 72 ore e messo nuovamente alla prova una popolazione già stremata dalla carenza endemica di forniture elettriche e dalla crisi economica che affama l'isola.
Già in occasione del precedente blackout totale di metà ottobre il presidente Miguel Díaz-Canel - annunciando "rigore" contro coloro che tentavano di alterare l'ordine pubblico - aveva lasciato presagire che il governo non avrebbe tollerato proteste. L'Avana teme infatti che la frustrazione e la rabbia possano spingere la popolazione a ripetere con la stessa intensità le storiche proteste dell'11 luglio 2021, represse con violenza e azioni giudiziarie criticate da attivisti per i diritti umani e comunità internazionale.