di FRANCO MANZITTI

Vedere le vetrine e le botteghe che si spengono e si chiudono non è un bello spettacolo in questa Genova immersa in una lunga transizione, che non è certo solo elettorale.
A noi boomers scoprire di colpo che la libreria Bozzi, età 214 anni, chiude i battenti appare come un tradimento. Non certo della famiglia Bozzi, che ha cercato in tutti i modi di salvarla, ma della città stessa, che non riesce a difendere i suoi presidii culturali. Ma già, qua la cultura è un po’ una sottomarca….
Non andremo più là a cercare libri preziosi, gustando una atmosfera unica, né cercheremo a quell’indirizzo, sospeso tra i carruggi e la nobile strada verso la via Aurea, ciò che una libreria di quel rango ti può dare.
E cosa dire della “Fata dei bambini”, il grande negozio di Galleria Mazzini, da generazioni una specie di apparizione dove siamo andati da figli, da padri e da nonni e dove sbirciavamo sempre, passandoci davanti, perché guardare i giocattoli ti mette comunque allegria.
Era il luogo dei sogni, delle lettere a Gesù Bambino-Babbo Natale, scritte dopo essere andati a spiare tra le novità, quando si credeva al grande incanto dei regali in arrivo con la slitta o con la scopa della Befana, o quando, ancora, si andava a cercare quello che la lettera di un bambino chiedeva, tenendo vivo quel gioco fantastico che fa della notte tra il 24 e il 25 dicembre una magia insostituibile.
Altro che sogni quella supervetrina chiude. A un mese da Natale!Chissà cosa arriverà lì? Dicono una libreria . Purtroppo non sarà quella di Bozzi, ma l’importante è che non ci arrivi un altro supermercato, un discount.
Galleria Mazzini merita altro.
Intanto anche lì si apre un buco, come tanti altri qua e là, anche nel centro cittadino che sta diventando un problema vero. Anche Moody è spento da tempo e costellato di cartelli di proteste più che legittime: cosa si può dire di un grande luogo di ristoro che era sempre pieno di clienti e “salta” di colpo con la scusa di un guasto improvviso. E sbatte in strada i suoi lavoratori, proponendo trasferimenti impossibili….
Quel posto una volta si chiamava “Motta” e sempre per noi boomers era un altro punto-chiave, qualche anno dopo gli incanti davanti alla “Fata dei Bambini”, quando Piccapietra riluceva dello splendore del boom vero, la Rinascente appena arrivata, perfino un cinema, il “re” delle Pellicce, come Soldano, dove arrivavano principesse, star dello spettacolo,dive e star da ogni parte d’Italia, perfino la biglietteria dell ’Alitalia, un negozio di Saint Laurent e poi “Tino’s”, abbigliamento di gran classe e nelle gallerie, che ora sono chiuse di notte come tuguri da cancellate, negozi come Crosio, altra grande firma.
Certo il mondo è cambiato e ancor di più il commercio, ma vedere tutte queste luci che si spengono, e non certo solo nel baricentro cittadino, fa stringere il cuore.
Cosa contrappone la Genova del 2024, quella delle grandi opere, mica delle botteghe anche storiche, anche cariche di amarcord, centri di aggregazione per generazioni? Insomma dove è che le luci, invece, si accendono?
Quelle del Palasport, anche se in mezzo a un cantiere in ebollizione, si sono già accese due volte. E’ un segnale, su una linea di cambiamento, che forse noi boomers non riusciremo a vedere per intero, ma che dovrebbe marciare.
Immaginiamo di partire da questo waterfront di Levante, dal bosco sopra piazzale Kennedy, sfilare nel nuovo quartiere e poi imboccare il tunnel subportuale, la cui costruzione è incominciata e, secondo quanto scrive Primo Canale, giunge già al 20 per cento di realizzazione del primo lotto.
Immaginiamo di sbucare dall’altra parte, dopo pochi minuti, e di emergere puntando su Lungomare Canepa, finalmente rinnovato, verde di alberi, di lato a una Sampierdarena, riscatta anche da una nuova viabilità.
Questo asse, uno dei nuovi percorsi”identitari” della strategia comunale di questi anni, sarà certamente una luce nuova che si accende. Un corridoio di sviluppo, che può diventare molto interessante per tante attività del futuro.
Così stiamo un po’ incerti, in mezzo al guado della nostalgia e della speranza. Intristirsi, vagando per i ricordi del passato, ricevendo queste stilettate delle chiusure, che si propagano. Aspettando che qualcosa si muova, per esempio che quel gioiello di Klainguti, il bar dove andava a rifocillarsi Verdi a Campetto, riaccenda finalmente le sue di luci. Aggrappandoci alla memoria seppure tradita?
Oppure credere che presto tutto cambierà e quelle altre luci si accenderanno, e non solo lungo l’asse Sampierdarena-Piazzale Kennedy? Intanto io di corsa un libro da Bozzi e un giocattolo alla “Fata dei bambini” li vado a comprare. Non fosse altro per sentire il “profumo” che svanisce di quei luoghi.