Non erano tanti, ma son venuti con le loro magliette e striscioni di protesta per ricordare alle autorità che, ancora oggi, per ottenere una cittadinanza italiana, ci vuole una decina d’anni. L’associazione che hanno formato si chiama “COLECTIVO DE ITALIANOS SIN RECONOCIMIENTO”, un nome emblematico che continua a ricordare che i servizi consolari italiani, in tutto il pianeta, possono avere eccellenti funzionari, ma sono assolutamente insufficienti. La lotta dal nostro giornale non ha mai avuto a che fare con le persone, ma é contro uno Stato che continua a dimenticarsi dei propri discendenti. L’unico che si ricorda e continua a martellare é Fabio Porta che, dal Parlamento italiano, rimane una voce solitaria.
Abbiamo intervistato Gabriela Colombo, lider di questa nuova associazione che, come vediamo nella foto, esibisce orgogliosa la foto del suo bisnonno che giunse in Uruguay nel XIX secolo. Ha diritto alla sua cittadinanza e ha formato questo collettivo che comincia a scomodare le autorità, soprattutto un COMITES inesistente che neanche li ascolta.
Perché l’esistenza di questo gruppo?
Gabriela Colombo - “L’idea è sorta spontaneamente, trovandoci davanti al Consolato per protestare e formando poi un gruppo di Whatsapp che è cominciato a crescere e crescere. Non possiamo permettere che le autorità continuino a ignorarci, non ne possiamo proprio piú. Alcuni di noi, aspettiamo un turno da oltre 10 anni e non vogliamo morire prima di poter ottenere ció che ci spetta di diritto, la cittadinanza italiana. Il mio bisnonno italiano é venuto a Montevideo nel Secolo XIX ma nella nostra famiglia, l’impronta italiana è sempre stata presente, le nostre tradizioni sono come quelle di un italiano qualsiasi, la riunione delle domeniche attorno a un tavolo o tifare per l’Italia, eccetto ovviamente quando gioca contro l’Uruguay!!!
Avete qualche speranza?
Gabriela Colombo - “Ovviamente la speranza non muore mai, ma siamo veramente stanchi di questa situazione e continueremo a lottare per il nostro diritto di avere un passaporto italiano. Non siamo d’accordo con la violenza e stiamo puntando piú sulla speranza che lo Stato Italiano possa risolvere questo problema di milioni di discendenti di italiani in tutto il mondo che hanno i nostri stessi diritti: essere italiani” Ovviamente che il COMITES attuale, non ha neanche concesso una riunione con questo gruppo di “potenziali” concittadini. Ascoltarli, piú che un regalo è un dovere. Spiegare perché succede questo è anche un dovere. Il MAE destina ad ogni sede consolare un certo numero settimanale di pratiche da fare, che sono attorno alle 50, forse oggi un po’ di piú, ma, se ci sono 500 persone che cercano di accedere all’impenetrabile pagina di appuntamenti di qualsiasi consolato, devono soltanto pregare che qualcuno cancelli l’appuntamento e sperare nel miracolo. Su questo punto deve essere l’Italia come paese a pronunciarsi. Facciamo come gli spagnoli? Cittadinanza fino al nonno o la Germania che concede soltanto ai figli di tedeschi? Insomma, qui bisogna darsi una mossa, perché ci sono letteralmente milioni di discendenti che, avendo diritto a ottenere la cittadinanza, non lo possono fare.
STEFANO CASINI