E'stato trovato anche il corpo dell'ultima persona data per dispersa nell'esplosione del deposito Eni a Calenzano.
Le vittime salgono a 5.
In mattinata erano stati trovati due dei dispersi che mancavano all'appello. Da quanto appreso, erano nell'area della pensilina dell'area di carico.
Per il presidente della Toscana, Eugenio Giani, è stata "una tragedia di entità fortissima ma che poteva essere anche più grave perché accanto alla pensilina di ricarica ci sono almeno 20 cisterne che contengono carburante e quindi se vi fosse stato l'innesto di una catena tra l'incendio dalla pensilina alle cisterne chissà cosa sarebbe successo".
Intanto sopralluogo del procuratore di Prato Luca Tescaroli all'interno del deposito Eni, dove in mattinata è arrivato anche il sottosegretario agli Interni Emanuele Prisco.
Sono stati tutti dimessi o sono in fase di dimissione dall'ospedale i feriti non gravi portati ieri con i mezzi del 118 al policlinico fiorentino di Careggi e all'ospedale di Prato. I tre presenti in quest'ultimo avrebbero già lasciato ieri l'ospedale. Tre le persone sempre ricoverate, tutte in codice rosso: sono i due pazienti del centro grandi ustionati di Pisa, entrambi in condizioni molto gravi, e una terza persona che si trova in subintensiva a Careggi.
Ieri la Regione aveva dato un bilancio di 10 feriti portati con i mezzi di soccorso negli ospedali. A questi si sono aggiunti poi almeno 17 persone, secondo il dato fornito sempre ieri dalla prefettura, che si sono presentate autonomamente negli ospedali, per ferite di vario tipo, comunque non gravi.
Sciopero e assemblea alla raffineria Eni di Livorno
A seguito della tragica esplosione di ieri nel deposito Eni di Calenzano, è stato proclamato oggi uno sciopero di due ore con assemblea e presidio davanti alla raffineria Eni di Livorno, da Fim Fiom Uilm di Livorno e il Coordinamento Rsu delle ditte dell'indotto Eni. Almeno 500 lavoratori da stamani alle 8.30 si sono riuniti in assemblea davanti ai cancelli della raffineria Eni. "Lo sgomento - dicono i sindacati - è per quei lavoratori e per le loro famiglie, questa è una guerra silenziosa che sembra non finire mai e suscita interesse sempre solo dopo tragedie come questa. La rabbia perché non si può morire lavorando".