di BRUNO TUCCI

Non si doveva rimanere tutti in silenzio per aiutare Cecilia Sala ad uscire di galera? Era questa la preghiera che la madre, Elisabetta Vernoni, aveva chiesto ai giornalisti subito dopo aver incontrato Giorgia Meloni.

Tutti a rispondere: “Si, è giusto e sacrosanto. Dimentichiamoci di quel fatto da oggi in poi”. Sull’Unità, il giornale di Antonio Gramsci, un titolo a caratteri cubitali aggiungeva: “Colleghi, per favore non fate gli sciacalli”.

Invece? Il monito è durato lo spazio di un mattino, perché nemmeno ventiquattro ore dopo, sulle prime pagine dei giornali troneggiava il caso Sala. Come mai?

Lo spunto, se di spunto si può parlare, è venuto da un improvviso viaggio della premier Giorgia Meloni in Florida, esattamente a Mar a lago, il quartier generale di Donald Trump.

Cecilia Sala sul tavolo di Trump

Viaggio inaspettato di cui nessuno sapeva niente. Qual era la ragione di questa trasferta? Sicuramente si sarebbe discusso dei rapporti fra l’Italia e gli Stati Uniti, ma anche della guerra in Ucraina e dei dazi che il presidente americano vorrebbe imporre agli europei. Insomma, fatti di grande rilievo internazionale.

Però, quasi un nonnulla se invece si sarebbe parlato del caso Sala. Tanto è vero che tutti gli altri argomenti sono passati in seconda fila. Che cosa avrebbe potuto strappare la diplomatica Giorgia all’irruento Donald?

Quasi certamente non si saprà nulla: se anche qualche accordo sotterraneo sarà stato raggiunto, da Palazzo Chigi, come dalla futura Casa Bianca, non uscirà un fiato.

E’troppo bollente l’episodio che coinvolge l’Iran e la richiesta americana di riportare in Patria un “terrorista” arrestato giorni fa all’aeroporto di Milano.

Tutto questo fa a pugni con le promesse e i giuramenti che la nostra informazione aveva promesso ai genitori di Cecilia. “Per favore, mettete il silenzio sulla tragedia che stiamo vivendo. Ogni parola fuori posto potrebbe voler dire una sua permanenza definitiva nel carcere di Evin”.

Libertà di stampa in gioco -
Che cosa c’entra la libertà di stampa con il dramma di questa famiglia? E’ vero che un giornalista può e deve pubblicare le notizie che riesce ad ottenere, ma nel caso in questione, dove sta lo scoop? Perché focalizzare l’incontro tra Meloni e Trump con l’arresto di Cecilia?

Forse parlarne potrebbe voler dire qualcosa? No, è l’esatto contrario, tanto è vero che dopo le primissime indiscrezioni prima il nostro governo e poi i genitori della giovane hanno chiesto di mettere la sordina.

E’ la diplomazia che deve lavorare quando ci si trova dinanzi ad un rebus così pericoloso. Sono gli accordi sotterranei con i servizi segreti a poter trovare una via d’uscita e a ottenere un risultato.

Sono colloqui difficili dove una sola sillaba fuori posto potrebbe mandare all’aria il patto che stava per essere raggiunto. E’ sempre stato così: qualcuno ricorda un episodio simile nel 2019 quando la Francia riuscì a far liberare un connazionale finito ugualmente in carcere come la Sala.

Da oggi in poi sarà davvero indispensabile ignorare qualsiasi particolare all’apparenza anche insignificante. Dimentichiamoci per un tempo (speriamo limitato) della vicenda e badiamo ad altro. Ad esempio, di quanto scrive l’autorevole Financial Times sul nostro Giancarlo Giorgetti, considerato il ministro dell’anno o dello scivolone di Alessandra Todde che potrebbe essere costretta a lasciare la presidenza della Sardegna mettendo in crisi il suo padrino, Giuseppe Conte.