(foto Ansa)

ROMA – “Si è svolta a Palazzo Chigi una riunione dedicata alla situazione del connazionale Alberto Trentini, operatore umanitario detenuto in Venezuela, insieme ad altri sette cittadini italo-venezuelani recentemente arrestati. All’incontro hanno preso parte il ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, i vertici dell’Intelligence e il capo della Polizia, Vittorio Pisani. Il ministero degli Affari Esteri e l’ambasciata italiana a Caracas stanno seguendo il caso di Alberto Trentini con la massima attenzione fin dall’inizio, attivando tutti i canali possibili per garantire una soluzione positiva e tempestiva. Il governo ribadisce la necessità di mantenere la massima discrezione da parte della stampa al fine di favorire il buon esito della vicenda.

Nel corso della riunione, il ministro Tajani ha avuto una conversazione telefonica con la madre di Alberto Trentini per esprimere vicinanza e rassicurarla sull’impegno delle istituzioni.

L’OPPOSITRICE BETTY GROSSI: “E’ STATO SFORTUNATO”

“Credo che Alberto Trentini sia soltanto stato sfortunato, perché si è trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato; e poi è straniero, più facilmente sospettato e a rischio“. A parlare con l’agenzia Dire è Betty Grossi, oppositrice italo-venezuelana, per oltre due anni detenuta all’Helicoide, la sede del Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional (Sebin).

Secondo quanto riferito dai familiari di Trentini, che ha un passato da cooperante per lo sviluppo in America latina, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano, l’italiano era giunto a Caracas il 17 ottobre. Il 15 novembre era stato fermato a un posto di blocco mentre si stava recando in missione a Guasdalito, insieme con l’autista della ong per cui lavorava, Humanity & Inclusion, già Handicap International.

Del tutto differente la vicenda di Grossi, che è impegnata non in progetti di sviluppo ma in politica. L’oppositrice è stata scarcerata nel 2017 insieme con gli attivisti Andrea Gonzalez e Dany Abreu, il primo anche cittadino spagnolo, il secondo anche portoghese. La detenzione dei tre aveva seguito accuse a loro carico di aver pianificato un attentato contro la figlia di Diosdado Cabello, figura di spicco del governo del presidente Nicolas Maduro, al potere a Caracas dal 2013.

La tesi di Grossi è che Trentini, pur essendo innocente, sia stato vittima di un contesto politico segnato da “anni di repressione” in un periodo particolarmente delicato, tra le elezioni del luglio scorso e il nuovo giuramento del capo dello Stato del 10 gennaio: una fase segnata a più riprese da manifestazioni di piazza con anche proteste e disordini.

Ieri Tajani ha riferito di aver chiesto all’incaricato di affari che Caracas garantisca l’assistenza consolare al 45enne e che lo scarceri al più presto. “Ci sono anche altri otto detenuti italo-venezuelani nelle carceri in Venezuela” ha detto il ministro. “Abbiamo ribadito la richiesta della liberazione del nostro concittadino e degli altri prigionieri politici”.

Ad alimentare le tensioni bilaterali è il mancato riconoscimento della rielezione di Maduro da parte di Roma, nonostante l’esito del voto sia stato confermato a Caracas dalla Corte suprema di giustizia. L’Italia ha assunto la posizione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, condivisa dal Parlamento Ue ma non da tutti i governi europei, secondo la quale il vero vincitore del voto del luglio scorso sarebbe stato Edmundo Gonzalez Urrutia.

Rispetto al caso di Trentini, Grossi dice di far riferimento alla propria esperienza. “Essendo innocente”, sottolinea, “lo terranno segregato senza che possa comunicare o dare notizie ancora per un po’”. Preoccupazione, nella consapevolezza della necessità della massima cautela, è condivisa con l’agenzia Dire da più operatori impegnati nel mondo della cooperazione.