di JEANNE PEREGO

La spiegazione è semplice: «Nasce tutto da un problema di solitudine alimentare”, dice Carlo Galano che con la sua TIC (The Italian Connection) è uno degli attori di un mercato in crescita esponenziale nel settore food. «Gli italiani all’estero – spiega - devono adattarsi alla lingua ma anche al cibo e, se la lingua è un must have, i sapori e i profumi con cui si è cresciuti sono qualcosa cui è difficile rinunciare» . TIC è un servizio di e-commerce che porta la spesa italiana nelle case di chi ha deciso di lasciare l’Italia per trasferirsi in Europa. Lo stesso servizio offerto dal leader di questo mercato, Vico Food Box (90.000 clienti attivi, 5 milioni di fatturato nel 2024 e la prospettiva di farne 7 nell’anno in corso), da MammaPack che dopo una pausa riorganizzativa e l’ingresso tra i soci di una solida realtà della distribuzione organizzata si prepara con i suoi 75.000 clienti a tornare tra i grandi player del settore, ma anche da realtà molto più piccole come la Conviene di Luca di Febo con sede nel teramano.

La formula è sempre la stessa: siti di e-commerce accattivanti e ben strutturati che fanno sentire i clienti a casa, come se stessero spingendo il carrello nel supermercato italiano in cui si sono sempre serviti. Sugli immensi scaffali virtuali ci sono le referenze che ogni expat dall’Italia è stato abituato a comprare o utilizzare nel Bel Paese: alimentari, vini, prodotti di pulizia e per l’igiene personale. Perché anche chi vive alle Lofoten, alle Baleari, in una zona rurale in Finlandia o in Irlanda o in qualsiasi altro angolo di Paese europeo (tutti gli attori del settore vendono solo in Europa) sente il bisogno di circondarsi dei marchi, sapori e fragranze con cui è cresciuto. Sente il bisogno di cucinare pastasciutte con i formati di pasta più adatti, di dare ai propri figli gli omogeneizzati con cui si è stati svezzati, di pulire la cucina con gli sgrassatori che non lo hanno mai deluso o che sono stati l’arma vincente della mamma contro lo sporco grasso. Uno degli elementi che rende vincenti queste aziende, è che in questo periodo sono quasi tutte start up napoletane fondate da giovani che a loro volta hanno vissuto all’estero per lavoro o per studi e hanno sperimentato personalmente la nostalgia della spesa italiana, sono i prezzi dei prodotti.

 

 

Prezzi che sono assolutamente italiani, impensabili nelle realtà estere dove vivono i clienti. Per esempio, i pacchetti di spaghetti De Cecco n.12 da mezzo chilo in questo periodo in Germania nei supermercati Rewe, uno dei colossi della grande distribuzione organizzata, sono in vendita a 2,49 euro. Sul sito MammaPack a 1,45 euro (e dal quinto pacco a 1,42 euro), su quello TIC a 1,98 euro. La passata Mutti in bottiglia da 700 gr., offerta dai supermercati Edeka – altro grande attore nella gdo tedesca- a 2,69 euro, sul sito Vico Food Box costa 1,99 euro e sugli scaffali virtuali di TIC 1,88. Ma non sono solo i prezzi “italiani” e i ragionevoli costi di spedizione a stendere un tappeto rosso per questo tipo di servizio di vendita online dall’Italia all’Europa , a vincere e convincere è soprattutto l’assortimento, che è sempre eccellente (MammaPack riferisce addirittura 40.000 referenze disponibili), per cui ogni cliente trova i marchi e i prodotti che potrebbe acquistare in Italia: formati di pasta come i paccheri, gli scialatielli, gli eloicoidali, la pasta mista, le brusiate o le mafalde, solo per citarne alcuni, sono protagonisti di un’offerta che probabilmente non si troverebbe neppure in un grande supermercato italiano. E poi i tanti prodotti del territorio, quelli che fanno subito appartenenza e che a migliaia di km di distanza fanno casa.

«I pugliesi richiedono il caffè Quarta, i calabresi vogliono il caffè Guglielmo di Catanzaro, i prodotti alimentari sono molto identitari», sottolinea Flavio Nappi, cofondatore e Ceo di MammaPack, che ha pensato a questo progetto negli anni in cui viveva a Parigi per gli studi universitari di Economia. Il rapporto con il territorio d’altronde è molto importante per tutte le aziende del settore: «Siamo orgogliosi di spedire dall’Italia solo prodotti italiani, cerchiamo di lavorare con piccoli produttori che non sono digitalizzati e non sanno come esportare il made in Italy all’estero», dice Debora Celentano, CMO e cofondatrice di Vico Food Box insieme agli ex compagni di liceo Gennaro Viscardi, Vittorio Colonna e Antonio Guarrera che in parte hanno condiviso con lei anni di vita a Amsterdam lavorando post laurea in vari settori. Il restituire al territorio, in particolare a quello campano, quello che si aveva ricevuto negli anni della formazione, è uno dei leitmotiv di tutte le aziende che “spediscono pacchi di cibo dall’Italia”.

I clienti, che ora sono anche stranieri che si sono innamorati della cucina italiana durante le vacanze nel nostro Paese, possono farsi arrivare a casa biscotti come i piparelli messinesi, torte capresi e formaggi di capra romagnoli prodotti da piccole aziende che non hanno sbocchi commerciali sull’estero. E nell’immediato futuro i “pacchi dall’Italia” includeranno anche prodotti freschissimi come la zizzona di Battipaglia. Ma quali sono i prodotti alimentari più amati e ordinati dagli italiani all’estero? Tutti gli imprenditori del settore sono d’accordo: sul gradino più alto del podio ci sono i biscotti che sono alla base di un modo di iniziare la giornata che è esclusivamente italiano. Le Gocciole vincono sui Pan di Stelle e sugli altri prodotti a marchio Mulino Bianco. Poi, sul podio vanno le passate di pomodoro e la pasta, con ordini che spesso denotano le origini di chi ha fatto l’ordine o abitudini consolidate: «Dalla Svezia ordinano soprattutto le mezze zite, non so perché, lo fanno solo da lì», dice Luca di Febo di Conviene. E al terzo posto? Per quanto possa sembrare strano, gli italiani in Europa (più di 3,3 milioni, di cui oltre 2,5 milioni nell’Ue a 15 secondo i dati della Fondazione Migrantes) non riescono a fare a meno dei Fonzies. «Magari si possono trovare anche in altri Paesi, ma quando si consumano? Mentre si cucina, ovviamente all’italiana. E allora devono essere lì, a portata di mano in dispensa», conclude Flavio Nappi.