di DARIO DEL PORTO

La Corte europea dei diritti umani condanna l’Italia per aver messo a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l'area a cavallo tra le province di Napoli e Caserta dove vivono 2,9 milioni di abitanti.

Le autorità del nostro Paese, a giudizio della Corte, pur a conoscenza della situazione, non ha preso le dovute misure. La Cedu ha stabilito che l'Italia deve introdurre, senza indugio misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell'inquinamento in questione.

La sentenza è definitiva e nasce dall’esposto presentato da 41 cittadini e cinque organizzazioni. Primo firmatario, Alessandro Cannavacciuolo, oggi laureato in criminologia che dieci anni fa, racconta, decise di rivolgersi alla Corte Europea“nel pieno di una emergenza che - avverte - non è mai terminata, il fenomeno ha mutato pelle. In assenza di bonifiche, perché stata solo qualche piccola rimozione di rifiuti , restano centinaia di aree mai oggetto di indagine. Questa sentenza sancisce che c’è stata una violazione del diritto alla vita, quando mostravamo gli agnelli deformi in piazza lo Stato si è girato dall’altra parte e ha abbandonato i cittadini al loro destino”.

Per la Corte europea “lo Stato italiano non ha risposto alla gravità della situazione con la diligenza e la rapidità richieste, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni". I giudici hanno concesso all'unanimità all'Italia due anni di tempo per "sviluppare una strategia globale per affrontare la situazione, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica".Nel ricorso si invocanogli articoli 2 (Diritto alla vita) e 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, i ricorrenti sostenevano, in particolare, che le autorità italiane erano a conoscenza dello scarico, dell'interramento e dell'incenerimento illegali di rifiuti pericolosi sul loro territorio, ma che non hanno adottato alcuna misura per proteggerli, né hanno fornito loro alcuna informazione al riguardo.“La mia famiglia - racconta Cannavacciuolo - è stata decimata è così la mostra azienda di ovini a pascolo vacanze che si nutrivano dei campi coltivati. Molti miei familiari sono ammalati di tumore. Il fratello di mio padre, socio della attività di famiglia, è morto in trenta giorni e nel suo sangue fu riscontrata una altissima concentrazione di diossina”. Dopo la sentenza, sottolinea Cannavacciuolo, “adesso ci aspettiamo che lo Stato non parli ma intervenga, è finita l’epoca delle chiacchiere. Oltre alle bonifiche serve un intervento mirato e vanno applicate le leggi”.Dice il deputato del Pd Marco Sarracino: “l'Italia deve con urgenza inderogabile dare risposte ai cittadini della terra dei fuochi. Chi ci vive lo sa. Ora chiediamo che il Governo si attivi con tutte le istituzioni e gli enti competenti per porre in essere misure a sostegno delle popolazioni locali, per ridurre l'inquinamento, per il ripristino delle condizioni di salubrità e per un attento monitoraggio della salute degli abitanti. Vanno pianificate adeguate risorse con la consapevolezza che bisogna poi proiettarle nel medio e lungo periodo. Chiediamo dunque che dopo questo pronunciamento il governo ci dica come intende rispettare questa sentenza". Per la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno “non bastano annunci e proclami, serve immediatamente un piano operativo di intervento a tutela dei cittadini campani”.Il parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello, ricorda su Fb: “Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce; quante derisioni; quante offese; quante illazioni... I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano... Siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite. Grazie a tutti i volontari... grazie ai medici per l'ambiente... grazie alle Chiese campane con i loro vescovi e i loro preti... grazie al quotidiano " Avvenire" e a tutti i giornalisti onesti che ci sono stati accanto".