di PIERO BONITO OLIVA
ROMA – Il colosso tecnologico Google ha raggiunto un’intesa con l’Agenzia delle Entrate italiana per sanare una disputa fiscale relativa agli anni 2015-2019. Secondo quanto riportato, la società statunitense verserà 326 milioni di euro per chiudere definitivamente l’indagine aperta dalla Procura di Milano.
LA CONTROVERSIA
Le autorità fiscali italiane avevano inizialmente stimato un’evasione di quasi 900 milioni di euro, contestando a Google la mancata dichiarazione di ricavi generati nel Paese. L’accusa principale riguardava l’uso di una “stabile organizzazione occulta”, ovvero infrastrutture tecnologiche e server situati in Italia, che avrebbero permesso alla compagnia di realizzare profitti senza dichiararli adeguatamente alle autorità fiscali.
Dopo una serie di negoziati, si è giunti a un compromesso che prevede il versamento di 326 milioni di euro, una cifra che include imposte non corrisposte, sanzioni e interessi. In cambio, la Procura di Milano ha avanzato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta nei confronti di Google Ireland Limited.
IL PRECEDENTE DEL 2017
Questo non è il primo caso in cui Google regolarizza la propria posizione fiscale in Italia. Nel 2017, l’azienda aveva già sottoscritto un accordo con il fisco italiano, versando 306 milioni di euro per sanare controversie riguardanti il periodo 2002-2015. Anche in quell’occasione, la questione verteva sulla mancata dichiarazione di ricavi ottenuti in Italia attraverso strategie fiscali basate in paesi con tassazione più favorevole.
IMPLICAZIONI SULLE ALTRE BIG TECH
Il pagamento effettuato da Google si inserisce in un quadro più ampio di controlli e regolamentazioni a livello internazionale, con l’obiettivo di contrastare pratiche di ottimizzazione fiscale da parte delle multinazionali digitali. L’Italia è stata tra i primi paesi a introdurre la Digital Tax, un’imposta specifica per le big tech, sebbene la sua efficacia sia stata spesso oggetto di discussione.
Questo accordo potrebbe creare un precedente per altre grandi aziende tecnologiche, come Meta, Amazon e Apple, che operano con modelli fiscali simili. Le autorità italiane sembrano decise a rafforzare i controlli e a garantire che le grandi piattaforme digitali contribuiscano equamente al gettito fiscale nazionale.