di FABIO PORTA
Il filosofo napoletano Giambattista Vico è ancora oggi universalmente conosciuto per la sua teoria dei “corsi e ricorsi storici”; sosteneva che alcuni accadimenti si ripetevano con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo e ciò avveniva non per puro caso ma in base ad un preciso disegno stilato della divina provvidenza. Con una frase altrettanto semplice e sintetica, il più noto e saggio degli oratori dell’antica Roma, Cicerone, soleva dire che la storia è maestra di vita (Historia magistra vitae). Dinanzi agli accadimenti di questi ultimi anni, forse mai come dalla deflagrazione della Seconda guerra mondiale, non possiamo che riconoscere che i fantasmi dell’autoritarismo e del nazionalismo si stanno riproponendo in maniera pressoché identica come se quasi un secolo di pace in Europa non abbia insegnato nulla ad alcuni statisti e a milioni di loro seguaci.

Il parallelismo tra l’invasione nazista della Polonia del 1939 e l’aggressione russa all’Ucraina è fin troppo evidente, come anche l’avanzare sulla scena mondiale di una internazionale populista sovranista che parrebbe intenzionata a distruggere le organizzazioni europee e internazionali.

Negli anni ‘30 sotto accusa era la Società delle Nazioni, oggi l’Unione Europea e l’organizzazione delle Nazioni Unite. Secondo l’ex parlamentare europeo Luciano Vecchi “la tecnica è sempre la stessa. Prima si ostacola e si vanifica il funzionamento delle organizzazioni internazionali. Poi le si deride ed indica come il nemico ‘della libertà dei popoli e delle nazioni’. Infine, le si svuota”.

Pochi giorni dopo l’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e alla vigilia del secondo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, è stato il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella lo statista europeo a lanciare l’appello più accorato e convinto alla comunità internazionale contro i rischi del “ritorno al passato”; lo ha fatto in maniera significativa parlando a docenti e studenti dell’Università francese di Marsiglia nel corso di una ‘lectio magistralis’ tenuta in occasione del ricevimento della laurea honoris causa.

Anche Mattarella ha ricordato quanto accadeva in Europa cento anni fa, quando “nel fragile contesto degli anni fra le due guerre mondiali, percorso da un cupo rialzarsi del nazionalismo, da allarmanti tendenze al riarmo, dal contrasto fra gli Stati - secondo la logica delle sfere di influenza - furono circa 20 i casi di recesso dalla Società delle Nazioni. La Germania, con Hitler Cancelliere, si ritirò nel 1933. Lo stesso fece il Giappone. L’Italia uscì nel 1937”.

La fine del multilateralismo e della cooperazione internazionale, a favore dell’innalzamento di muri e della moltiplicazione dei dazi, potrebbe quindi avere come conseguenza non soltanto la fine del diritto internazionale ma anche la rinuncia ad affrontare insieme (ossia nell’unica maniera possibile) le grandi emergenze mondiali, a partire dalla lotta ai cambiamenti climatici e alla povertà. Una regressione di oltre un secolo, verso un mondo dominato dall’egoismo, dove ogni uomo è lupo per l’altro uomo (“homo homini lupus”) come la società descritta nel ’600 dal filosofo inglese Hobbes.

Non comprendere i rischi di questo ritorno al passato potrebbe essere fatale; con una significativa aggravante: la prossima guerra mondiale potrebbe coincidere con la fine dell’umanità. Come profeticamente ebbe a dire nel 1945 Albert Einstein, “Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si farà con pietre e bastoni”.