Molte lavoratrici italiane residenti all’estero nonostante abbiano i requisiti anagrafici e contributivi per accedere al trattamento pensionistico anticipato denominato “Opzione donna” non esercitano tale diritto perché il Ministero del Lavoro e l’Inps non hanno mai assolto al loro dovere istituzionale fornendo le informazioni e le istruzioni necessarie su come presentare la documentazione e svolgere l’iter procedurale.
Dopo aver denunciato più volte le inadempienze dei Governi che si sono succeduti in questi ultimi anni ho presentato una interrogazione parlamentare che spero sortirà gli effetti desiderati mettendo in condizione le nostre emigrate all’estero di poter esercitare un loro sacrosanto diritto.
Nell’interrogazione al Ministro del Lavoro sull’applicabilità del pensionamento anticipato “Opzione donna” alle lavoratrici italiane residenti all’estero ho premesso che con la Legge di Bilancio per il 2025 è stato prorogato il pensionamento “Opzione donna”.
Ho sottolineato che l’accesso a questo trattamento pensionistico anticipato, calcolato secondo le regole del sistema contributivo, sarà ora consentito alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2024 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e che abbiano, alla medesima data, un’età anagrafica di almeno 61 anni (60 anni per le donne con 1 figlio, 59 anni per le donne con 2 o più figli oppure licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto).
Ho ricordato al Ministro (non si sa mai!) che il diritto al pensionamento anticipato “Opzione donna” può essere perfezionato anche dalle lavoratrici italiane residenti all’estero, in maniera autonoma o tramite il meccanismo della totalizzazione dei contributi assicurativi così come previsto dalle Convenzioni internazionali (bilaterali e multilaterali) di sicurezza sociale stipulate dall’Italia con i Paesi di emigrazione italiana.
Ho inoltre evidenziato che le lavoratrici residenti in Italia o all’estero interessate ad esercitare il diritto al pensionamento anticipato “Opzione donna” devono essere in possesso – oltre che dei requisiti anagrafici e contributivi summenzionati - anche, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:
1) essere caregiver che assistono, da almeno 6 mesi, persone disabili conviventi, con disabilità in situazione di gravità in base alla legge 104 del 1992;
2) avere una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni italiane per il riconoscimento dell’invalidità civile);
3) essere lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.
Proprio per la mancanza di informazioni e istruzioni operative su come dimostrare di essere in possesso di questi ultimi requisiti è stato finora finora precluso a migliaia di lavoratrici italiane residenti all’estero (le quali soddisfano i requisiti anagrafici e quelli contributivi maturabili tramite il meccanismo della totalizzazione previsto dalle Convenzioni internazionali) di accedere – se lo ritenessero utile e opportuno - al diritto alla pensione anticipata.
Per questi motivi ho sollecitato il Ministero del Lavoro a fornire finalmente le indicazioni amministrative e procedurali all’Inps affinchè l’Istituto previdenziale chiarisca e illustri, tramite messaggi o circolari, come possano essere soddisfatti dalle lavoratrici italiane residenti all’estero i particolari requisiti circoscritti a determinate categorie di beneficiari richiesti dalla normativa che disciplina “Opzione donna”.