di FRANCO MANZITTI

Genova, 80 miliardi in banca e 80 mila poveri, lo scontro sociale fa da sfondo alle elezioni, nella foto i due candidati Pietro Piciocchj e Silvia Salis

Genova, 80 miliardi in banca e 80 mila poveri, lo scontro sociale fa da sfondo alle elezioni - Blitzquotidiano.it (nella nella foto ANSA i due candidati Pietro Picioncchi e Silvia Salis)

Ma allora che città è Genova, a 55 giorni dalle elezioni comunali anticipate di due anni esatti ?
Quella del record dei depositi bancari di 80 miliardi nei depositi di privati e aziende, che Banca d’Italia ha recentemente documentato.
O quella delle spaventevoli classifiche della Charitas, che piazza la città al 102 posto nella graduatoria del maggiore dislivello di reddito, al 73 esimo posto nel consumo dei beni durevoli, al 65 nel consumo di ricchezza….

Già decenni fa Romano Prodi, allora presidente dell’ Iri che chiudeva le grandi aziende di Stato che avevano fatto di Genova appunto la capitale dell’industria di Stato dichiarava pubblicamente che Genova “strippa” di soldi, alludendo a quegli accumuli storici di grandi imprenditori, di armatori con flotte dal vento in poppa (in realtà ancora per poco rispetto a quel tempo) , alla parsimonia classica (per chiamarla così) del popolo zeneise, atavicamente attento ai soldi, ai patrimoni, alla loro gestione.

Genova nella storia

 

D’altra parte che aspettarsi di diverso da chi aveva inventato il tasso di sconto, il Banco di san Giorgio e imprestato soldi a Carlo V, affittato la bandiera bianca con la Croce rossa in mezzo alle flotte inglesi? Genova strippava di capitali e ha continuato nel corso di decenni nei quali le trasformazioni sono state potenti e rivoluzionarie nell’assetto economico di una città che era una capitale industriale e portuale nel Mediterraneo e anche un po’ nel mondo e che è diventata un’altra realtà con l’industria dall’identikit oramai ridotto, un porto dalle grandi contese interne, dopo la privatizzazioni e dopo gli scandali giudiziari e una vocazione sempre più marcata verso i servizi, il turismo, gli eventi, soprattutto quelli culturali, che scoperchiano bellezze sepolte fino a ieri un po’ dal carattere genovese, dall’ understatement caratteriale ma anche dal predominio delle altre vocazioni.

Con le dovute eccezioni a questo nuovo schema più o meno galoppante. Per esempio l’Ente Bancini, uno dei must genovesi, l’azienda che ripara le navi, come quasi nessuno al mondo per competenza e capacità trasmesse nelle generazioni, ha quasi quadruplicato il suo risultato economico negli ultimi quattro anni, celebrando proprio in questi giorni il suo centenario, sotto la guida, guarda che coincidenza, dell’amministratore delegato Alessandro Terrile, un nome speso fino a ieri come candidato sindaco. E oggi indicato come possibile vice sindaco della Salis…

La campagna elettorale

Come dire certi asset professionali resistono e producono benefici importanti nella più pura tradizione, mentre altri sono stati venduti e non fanno più parte del patrimonio genetico, come i Rimorchiatori che un gruppo famigliare della più solida storia imprenditoriale marittima ha ceduto al nuovo “governatore” della Superba Gigi Aponte, “imperatore “ Msc.

Genova ha 80 miliardi nelle sue casseforti e lo si capisce bene seguendo non solo quella tradizione e queste operazioni, che sono solo le più vistose, ma quante altre ce ne sono che hanno trasformato in liquido “da strippare” le proprietà di aziende industriali, terminal portuali, società di brokeraggio navale e assicurativo, di periti con primogeniture mondiali?

Tutti al supermercato Genova per tanti anni e la storia continua in una città che a fronte di questo ha visto limitare anche per conseguenza non solo diretta il suo sbraccio finanziario.

Caduta, tra scandali clamorosi e congiure non ancora del tutto ricostruite, la banca madre, la Carige, ex Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, che Bper ha rilevato, riducendone la presenza e il ruolo in città per motivi evidenti, a Genova è rimasto solo Banca Passadore, una nicchia dorata e privata, molto ben amministrata e in crescita, ma di una dimensione necessariamente diversa.

Chi ha cercato di tenere in piedi Carige, come il grande imprenditore Vittorio Malacalza, ha pagato caro per ora il suo tentativo, sicuramente disperdendo un po’ dei capitali che lo facevano considerare fino a quel punto uno degli uomini più liquidi in Italia.

Ma questa potenza economica di accumulo, che resiste nel tempo e nelle rivoluzioni, è ora fronteggiata da quel disavanzo sociale che diventa in campagna elettorale uno dei match più sanguinosi tra i due contendenti principali di uno scontro che incomincia a prendere contorni più precisi con i primi sondaggi.

La candidata a sorpresa del centro sinistra, Ilaria Salis, sta facendo della questione sociale, della necessità di costruire infrastrutture sociali, più che fisiche, la prima bandiera della sua campagna, cercando di prendere in contropiede il campione del centro destra, Pietro Piciocchi, che fa della trasformazione di Genova, attraverso Grandi Opere, incominciate sotto il regno di Marco Bucci, il cuore del suo programma.

I primi sondaggi danno la Salis in vantaggio di addirittura sette punti e vincente al primo turno con oltre il 51 per cento contro il 44 di Piciocchi.

Sono solo i primi e altri ne arriveranno anche nelle prossime ore per una contesa che è ancora molto lunga e sulla quale aleggia per ora non molto lo scenario apocalittico degli eventi mondiali.

La questione dei dazi riguarda molto da vicino Genova , città di grandi trasporti che sta preparando la super Diga per navi di 400 metri , augurandosi che questo sia un capolinea mondiale…. Ma se i trasporti calano? E il ruolo degli armatori e l’indotto delle navi e dei trasporti…….

La campagna è troppo concentrata sul territorio, sui candidati, sulle liste, di partito e civiche molto battagliate anche perché i passaggi, sopratutto a destra sono una specie di tornado difficile da seguire.

Le condizioni della città, al di là dei forzieri pieni e del disagio sociale, che ha letture diametralmente opposte, sono molto difficili perché i cantieri, che Bucci-Piciocchi hanno messo in piedi negli ultimi otto anni, la stanno terremotando e la ricaduta di queste trasformazioni non è apprezzabile in termini di migliori condizioni di vita e di qualità dei servizi. Anzi.

Una città calata a 544 mila abitanti, esattamente quelli che aveva cento anni fa all’epoca della unificazione voluta da Mussolini, fa i conti con il suo crescente tasso di vecchiaia (il rapporto tra quattordicenni e over 65) e con un fenomeno colossale, il 36 per cento delle famiglie sono composte da una sola persona, prevalentemente anziana o molto anziana.

A questo livello l’apprezzamento per le grandi opere, le funivie per salire sulle alture dal Porto Antico, i tunnel subportuali, la incandescente questione dello skymetro, un super tram che viaggerebbe su piloni piantati in mezzo al fiume Bisagno per collegare le periferie più lontane, sono lontanissimi dall’attenzione degli elettori più disagiati. Su questa diversa sensibilità punta la Salis e Piciocchi rincorre, deviando dal suo terreno più proficuo, quello di appartenere a una squadra che rivendica di avere cambiato la città.

Le casseforti piene e le emergenze sociali restano ben distanti. Come il marchio di una città sempre più complessa