(Foto Ansa)

Papa Francesco è arrivato a sorpresa in Piazza San Pietro al termine della messa per il Giubileo degli Ammalati e del mondo della sanità.

"Buona domenica a tutti", ha detto, rivolto ai partecipanti alla messai. Poi ha ripetuto: "Buona domenica a tutti.

Grazie tante". Il Pontefice, arrivato a sorpresa nella piazza al termine della messa celebrata da mons. Rino Fisichella, è stato portato con la sedia a rotelle attraverso le file di fedeli sul sagrato vaticano, poi davanti all'altare per la benedizione.

"Carissimi, come durante il ricovero, anche ora nella convalescenza sento il 'dito di Dio' e sperimento la sua carezza premurosa. Nel giorno del Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, chiedo al Signore che questo tocco del suo amore raggiunga coloro che soffrono e incoraggi chi si prende cura di loro", ha poi affermato, nel testo preparato per l'Angelus.

"E prego per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, che non sempre sono aiutati a lavorare in condizioni adeguate e, talvolta, sono perfino vittime di aggressioni - continua il Pontefice -. La loro missione non è facile e va sostenuta e rispettata". "Auspico che si investano le risorse necessarie per le cure e per la ricerca, perché i sistemi sanitari siano inclusivi e attenti ai più fragili e ai più poveri", aggiunge.

Nell'omelia preparata per la messa, celebrata stamane da monsignor. Fisichella, il Papa ha affermato che "certamente la malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili".  La malattia, secondo il Pontefice, "può arrivare a farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo: privi di speranza per il futuro. Ma non è così. Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a Lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza".

"Con questi racconti drammatici e commoventi, la liturgia ci invita oggi a rinnovare, nel cammino Quaresimale, la fiducia in Dio, che è sempre presente vicino a noi per salvarci", dice Francesco commentando le letture del giorno: "Non c'è esilio, né violenza, né peccato, né alcun'altra realtà della vita che possa impedirgli di stare alla nostra porta e di bussare, pronto ad entrare non appena glielo permettiamo (cfr Ap 3,20)". Anzi, "specialmente quando le prove si fanno più dure, la sua grazia e il suo amore ci stringono ancora più forte per risollevarci". "Egli stesso, fatto uomo - aggiunge -, ha voluto condividere in tutto la nostra debolezza (cfr Fil 2,6-8) e sa bene che cos'è il patire (cfr Is 53,3). Perciò a Lui possiamo dire e affidare il nostro dolore, sicuri di trovare compassione, vicinanza e tenerezza".

"Ma non solo - dice ancora il Papa -. Nel suo amore fiducioso, infatti, Egli ci coinvolge perché possiamo diventare a nostra volta, gli uni per gli altri, 'angeli', messaggeri della sua presenza, al punto che spesso, sia per chi soffre sia per chi assiste, il letto di un malato si può trasformare in un 'luogo santo' di salvezza e di redenzione".

La citazione di Ratzinger

"Non releghiamo chi è fragile lontano dalla nostra vita, come purtroppo oggi a volte fa un certo tipo di mentalità, non ostracizziamo il dolore dai nostri ambienti. Facciamone piuttosto un'occasione per crescere insieme, per coltivare la speranza grazie all'amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5) e che, al di là di tutto, è ciò che rimane per sempre (cfr 1Cor 13,8-10.13)", ha sottolineato il pontefice.

Bergoglio ricorda anche che "Benedetto XVI - che ci ha dato una bellissima testimonianza di serenità nel tempo della sua malattia - ha scritto che 'la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza' e che 'una società che non riesce ad accettare i sofferenti […] è una società crudele e disumana' (Lett. enc. Spe salvi, 38)".

"Affrontare insieme la sofferenza ci rende più umani e condividere il dolore è una tappa importante di ogni cammino di santità", ha spiegato il Papa. E, rivolgendosi ai "carissimi fratelli e sorelle malati", ha ricordato che "in questo momento della mia vita condivido molto: l'esperienza dell'infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno. Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire".

"La camera dell'ospedale e il letto dell'infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: 'Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?' (Is 43,19). E così rinnovare e rafforzare la fede", aggiunge il Pontefice.

Il messaggio per medici e sanitari

"Cari medici, infermieri e membri del personale sanitario, mentre vi prendete cura dei vostri pazienti, specialmente dei più fragili, il Signore vi offre l'opportunità di rinnovare continuamente la vostra vita, nutrendola di gratitudine, di misericordia, di speranza (cfr Bolla Spes non confundit, 11)", ha detto Francesco.

"Vi chiama a illuminarla con l'umile consapevolezza che nulla è scontato e che tutto è dono di Dio; ad alimentarla con quell'umanità che si sperimenta quando, lasciate cadere le apparenze, resta ciò che conta: i piccoli e grandi gesti dell'amore", prosegue il Pontefice. "Permettete che la presenza dei malati entri come un dono nella vostra esistenza, per guarire il vostro cuore, purificandolo da tutto ciò che non è carità e riscaldandolo con il fuoco ardente e dolce della compassione", ha concluso