di BRUNO TUCCI

Pinocchio Putin cancella la tregua di trenta ore; ma c’è mai stato questo richiestissimo stop?

Zelensky è tranchant: “I russi l’hanno violato almeno tremila volte”. Mosca replica: “Le armi ucraine non hanno mai taciuto”. Trump è ottimista: “Spero si raggiunga un accordo in settimana!”

Si è mai fermata la guerra? No, purtroppo, nonostante le parole e le promesse sia dell’una che dell’altra parte. I missili continuano a colpire ed a mietere vittime, mentre in Europa si continua a polemizzare sul viaggio di Giorgia Meloni negli Stati Uniti.

Putin non vuole

La sinistra insiste e ritiene che questo incontro a Roma di Trump non deve avvenire. E’ un buon risultato ottenuto dalla premier che rilancia il ruolo dell’Italia, ma per criticare il governo, il Pd (e i suoi cespugli) si oppongono ad un appuntamento che si potrebbe definire storico. “Non è all’ombra del Colosseo che si deve discutere dei dazi e di altri problemi”, sostengono.

Per l’opposizione, bisognerebbe spostare il summit a Bruxelles perché di Europa si tratta e quindi la sede è in Belgio.

Ecco il punto che lascia perplessi: pur di battere l’avversario, c’è chi in Italia rema contro il successo ottenuto dalla Meloni a Washington.

Sinistra schierata

Come contrastarla? In primis, spostando in altra sede i colloqui. Il lavoro diplomatico avrebbe nuovi protagonisti e l’Italia riceverebbe un altro schiaffo dopo che in America  si era parlato assai bene del vecchio continente per quanto era stato ottenuto dalla trasferta di Giorgia.

Il catastrofismo aumenta di giorno in giorno fino ad augurarsi (come fa L’Unità online di stamane) che le trattative crollino e con esse anche il traguardo italiano raggiunto dopo non pochi sacrifici.

Le polemiche, le accuse, la violenza verbale, le male parole, (cameriera, scendiletto, bacia pantofole) e il silenzio del presidente del consiglio che ha preferito lavorare invece che rispondre con altrettanta male educazione all’opposizione.

Può sembrare incredibile, ma il dissenso tende ad aumentare perché il Pd, i 5Stelle e i gemelli della sinistra trovano una sponda europea fidandosi sull’alleanza (è il termine) con Macron e Sholz, cioè dei francesi e dei tedeschi i quali non sopportano il fatto che sia l’Italia il punto d’incontro di Trump, quando deciderà a maggio di accettare l’invito della Meloni.

Muoiono d’invidia i due premier e pur di non darla vinta alla premier italiana se le inventano tutte, anche di stipulare un patto con il Pd e i 5Stelle. Chi se ne importa se le loro idee non collimano con quelle franco-tedesche, l’importante è evitare che tutto si svolga a Roma e fallisca il compromesso Meloni- Ursula von der Leyen.

Si può facilmente capire che se il braccio di ferro continuasse, Trump potrebbe anche cambiare idea e cancellare il programma di attraversare l’Atlantico.

Bel successo avrebbe ottenuto la sinistra che pur di boicottare chi guida il Paese fa male agli italiani che potrebbero essere orgogliosi di poter trattare con gli Stati Uniti sulla pericolosa vicenda dei dazi, assai temibile per l’economia italiana ed europea.

Al centro del dibattito (usiamo un eufemismo) torna ad affacciarsi il problema del riarmo, un termine che non piace nenmeno ai politici di casa nostra. Chiamiamola difesa allora.

Si deve uno Stato premunire in caso di un’offensiva straniera? La risposta è si, ma pure in questo caso non mancano i contrari, i quali chiamano a testimonianza le parole del pontefice, il quale scendendo ieri in Piazza San Pietro a bordo della sua “papamobile”, ha pronunciato questa frase: “Non c,’è pace senza il disarmo”.

Eccolo il punto che favorisce coloro che sono contro l’acquisto delle armi che costerebbero all’Italia centinaia di milioni di euro.

I dem e i seguaci di Giuseppe Conte, una volta uniti, si scagliano contro tale progetto, dicendo che tanti danari potrebbero essere impiegati per i problemi della sanità, della scuola, del lavoro, della povertà che attanaglia una gran quantità di gente.

Dunque, ogni scusa è buona pur di andare contro l’asse Meloni- Von der Leyen. Anche danneggiare il buon nome dell’Italia che con l’incontro di Trump a Roma (magari con una delegazione dei 27 Paesi “volenterosi”), avrebbe raggiunto un traguardo fino a ieri inimmaginabile.

Un momento delicato e difficile in cui si dovrebbe predicare l’unità, non la divisione.

Un sostantivo che si riaffaccia pericolosamente alla vigilia del 25 aprile, festa della Liberazione. Il ministro degl interni Piantedosi non è tranquillo. Teme scontri di piazza fra pro palestinesi e pro israielani.

Così, una giornata che dovrebbe rappresentare una vittoria della democrazia potrebbe mutarsi in uno scontro violentto con le forze dell’ordine, sbalordendo chi invece invoca la pace e spera che in Medio Oriente e in Ucraina finisca tutto al più presto. E’ troppo chiedere tanto?